Università di Bologna, inaugurato il 927° anno accademico

0
641
università bologna rettore ivano dionigi ilnordestquotidiano
università bologna rettore ivano dionigi ilnordestquotidianoDionigi: «lauree triennali senza tasse per gli studenti»

Lauree di primo livello, ossia le lauree triennali, senza tasse per gli studenti che frequentano l’università di Bologna, la più antica del mondo. A lanciare la proposta, nel giorno dell’inaugurazione del 927esimo anno accademico dell’Alma Mater, è il rettore dell’ateneo, Ivano Dionigi in un discorso – pronunciato innanzi al presidente del Consiglio, Matteo Renzi – articolato su tre punti precisi: il diritto allo studio, il merito, la responsabilità.

«Da un lato – scandisce – i numeri ci dicono che il nostro Paese conta meno immatricolati, meno iscritti, meno studenti in corso, meno laureati: tanti segni meno! Dall’altro, volgendo lo sguardo all’Europa e al mondo, si deve constatare che in altri paesi, dalle Università dell’Arabia Saudita a quelle brasiliane, da quelle del Nord Europa a quelle ora di tutti i Laender della Germania, non è prevista la tassazione universitaria: diritto allo studio universitario pienamente garantito».

Per Dionigi, argomenta in una Aula Magna gremita, «perché anche da noi non prevedere nelle lauree di primo livello, e a precise condizioni, prima su tutte la correlazione con i risultati degli studi – questa innovazione radicale? Certo costosa per il bilancio dello Stato; ma molto probabilmente invertiremmo tutti quei segni meno, e arresteremmo l’impoverimento anagrafico, culturale e professionale del Paese». Una riforma, non si nasconde Dionigi, «certo onerosa. Ma allora – chiede – perché non destinare i mancati scatti stipendiali dei professori, bloccati da oltre un triennio, a questa causa? I professori che creano il diritto allo studio! Una bella notizia; una bella rivoluzione generazionale!»

Sistemato così il nodo del diritto allo studio, il Rettore dell’università più antica al mondo, tocca quello del merito, uno dei nervi scoperti della società italiana. «La mortificazione del merito, delle persone che valgono – attacca Dionigi – ha ricadute rovinose perché rompe il rapporto cittadino-Stato e, come ha severamente documentato il rapporto Ocse, fa regredire un Paese alla sua condizione feudale». Inoltre, argomenta, lo «continuo a dire: è uno scandalo che in un Paese moderno, civile, giusto che un calciatore o un allenatore guadagnino cento, mille, centomila volte più di un ricercatore». Quanto alla responsabilità, puntualizza Dionigi, «ciò che più duole perché ci limita, ci danneggia e anche ci umilia sono l’inabissamento del turn over che di fatto riduce l’ingresso dei giovani e compromette didattica e ricerca; la solitudine istituzionale, sperimentata nelle missioni all’estero e negli accordi internazionali, dove ci muoviamo come singole università senza rappresentanza e conforto governativo, a fronte delle università degli altri Paesi che si muovono come falangi; la cronica incertezza nell’assegnazione delle risorse, da un lato, e il coacervo normativo dall’altro, che ci tengono in uno stato di minorità permanente». Nodi da sciogliere, il prima possibile, perché, ne è convinto Dionigi, «c’è in questo Paese, benedettamente ricco di talenti e maledettamente incapace di rendersene conto, un capitale umano formato soprattutto da giovani straordinari: un capitale, per il quale si è speso ripetutamente con generosità e determinazione il nostro presidente Giorgio Napolitano, che proprio due anni fa inaugurava qui il nostro Anno Accademico. E bene fa lei signor presidente del Consiglio – si rivolge a Renzi – a ripartire dalla Scuola e dalla formazione: perché la crisi prima che economica è politica, e prima che politica è culturale».

A Dionigi ha risposto lo stesso Renzi, puntando direttamente ai giovani invitandoli, per primi, a credere nel Paese e nella sua capacità di risollevarsi. «Oggi alla generazione che si avvia all’Università», chiarisce Renzi per bene, arriva un messaggio «che lascia presagire l’Italia come un Paese spacciato. Voglio dire agli studenti che non è così: questo è un Paese in cui tutto è possibile», e chi lo nega «sta negando il diritto alla realtà: l’Italia è un Paese in cui è possibile cambiare le cose». Sarà, ma nei suoi primi 10 mesi di governo, di cose ne sono cambiate ben poche e molto spesso non in meglio, come sta a dimostrare l’economia, la disoccupazione (specie quella giovanile che è la più alta in Europa) e le riforme.

Renzi ha poi sostenuto che gli atenei in Italia devono essere sostenuti e per i quali il premier ha proposto un vero e proprio “anno costituente”. Le università «del mondo talvolta si presentano meglio di come sono – ha spiegato il premier – in Italia abbiamo qualità che non riusciamo a presentare per colpa di un sistema burocratico che non riesce a valorizzare ciò che di eccellente possiamo offrire. Su questo tema propongo che il 2015 sia un anno costituente per le università italiane». Perché il Paese, ha detto Renzi gonfiando il petto, «è una superpotenza, forse non più economica, ammesso che lo sia mai stata, ma è una superpotenza per i valori e per la cultura».