Zaia: «non si può più rimandare la trasformazione del Veneto in una regione speciale»
Inserire con un emendamento la parola “Veneto” al comma 1 dell’articolo 116 della Costituzione, quello che elenca le Regioni italiane che godono di particolare autonomia, sfruttando la discussione incardinata alla Camera dei Deputati per la riforma della Costituzione. Lo ha chiesto ufficialmente il presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, in una lettera inviata a tutti i parlamentari veneti il 7 gennaio, il giorno precedente l’arrivo a Montecitorio del testo da discutere per la seconda delle quattro letture previste dalla procedura di riforma costituzionale.
Zaia ne ha rivelato i contenuti, sottolineando che, «dopo tante parole, c’è l’occasione storica di passare ai fatti e di realizzare un grande opportunità per il Veneto e i Veneti, raddrizzando anche un testo che, così come è stato concepito, finirà per vampirizzare il Veneto e tutte le altre regioni a Statuto ordinario, con una manovra di riaccentramento di poteri e competenze a Roma che non sta né in cielo né in terra».
L’auspicio di Zaia è «che l’emendamento necessario sia presentato, firmato e sostenuto dai nostri parlamentari di tutti i partiti, perché mai come in questo caso bisogna abbattere gli steccati di schieramento e fare lobby forte e convinta. Il futuro del Veneto si gioca anche sulla capacità di essere uniti, di giocare in squadra per la vittoria, che sarebbe prima di tutto dei Veneti».
Nella sua lettera, che si conclude con il passaggio “Ti chiedo con forza di votare e sostenere una modifica al testo della riforma costituzionale che comporti l’inserimento del Veneto nell’elenco delle Regioni a statuto speciale di cui all’articolo 116, comma I°, della Costituzione”, Zaia elenca puntualmente gli aspetti, “pochi” secondo lui, positivi e quelli, “molti”, estremamente negativi. Bene che vengano finalmente introdotti in Costituzione i fabbisogni e i costi standard basati sull’efficienza «che – ha detto Zaia – costringerebbero tutta Italia ad amministrare come il Veneto producendo un risparmio di 30 miliardi l’anno, pari a più di un terzo degli 85 miliardi di interessi passivi che lo Stato paga sul suo debito pubblico»; bene anche il superamento del bicameralismo paritario e perfetto con l’introduzione del Senato delle Autonomie.
Ma i “Sì” del Veneto alla riforma si fermano qui. Secondo Zaia infatti «prevalgono aspetti estremamente negativi per il Veneto che, se non modificati, potrebbero costituire una vera e propria catastrofe centralista». I costi standard, ad esempio, non verrebbero applicati alle Regioni a statuto speciale, aprendo un baratro di discriminazione con quelle a statuto ordinario, così come quelle “speciali” manterrebbero la loro autonomia mentre le altre subirebbero un fortissimo processo di centralizzazione. Le regioni a Statuto ordinario, e non quelle a statuto speciale, cadranno poi sotto la tagliola della “clausola di supremazia statale” che potrà riaccentrare qualsiasi materia, anche quelle lasciate in capo alle regioni stesse. Il “No” di Zaia si concentra anche sulla previsione della possibilità per le regioni di contrattare singolarmente con lo Stato proprie forme di autonomia. «Questa è un’assurdità – dice Zaia – perché prima ti tolgono le competenze e poi ti dicono che su ciò che ti hanno tolto puoi andare a contrattare. Sembrerebbe una barzelletta, se non ci fosse da piangere». Anche il Senato delle Autonomie, così come sarebbe composto, è considerato squilibrato: ci sarebbero infatti sette rappresentanti per Trentino e sei per il Veneto, che ha il quintuplo degli abitanti. Un rilevante problema di rappresentatività.
In conclusione, una riforma costituzionale di questo tipo dovrebbe introdurre una forte valorizzazione del principio di responsabilità, premiando chi usa bene dell’autonomia e riducendola a chi la usa male. Questa riforma, invece, introduce solo un centralismo che crea regioni troppo ordinarie e ricentralizzate, anche se virtuose come il Veneto, e regioni troppo speciali di cui vengono lasciati immutati poteri e regimi finanziari, anche se altamente inefficienti.