Imu sui terreni di montagna congelata dal Tar del Lazio

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Matteo Renzi 6 1Il pasticcio della nuova tassazione sui terreni agricoli fatto dal governo Renzi rischia di tramutarsi in un boomerang per il bilancio dello Stato e degli Enti locali

Mentre molti comuni stanno approntando in fretta e furia delibere per spostare la sede legale del municipio nella frazione posta sopra i 600 metri di quota in modo da “scappare” alla mannaia famelica del Fisco che altrimenti avrebbe tassato le campagne di media e alta collina di tanti contribuenti censiti, il Tar del Lazio ha sospeso gli effetti del decreto sull’Imu dei terreni agricoli, che a partire dal prossimo 26 gennaio avrebbe prodotto i suoi nefasti effetti su una pletora di contribuenti colpevoli di possedere terreni agricoli, spesso neppure coltivati, magari per via ereditaria, che da tempo immemore erano tenuti indenni da qualsiasi balzello.

Accogliendo il ricorso di quattro regioni (Abruzzo, Liguria, Umbria e Veneto), i magistrati amministrativi si sono sostituti ancona una volta al potere politico, rimediando ad un marchiano errore di valutazione del governo Renzi. Peccato solo che la sentenza arriverà a ridosso della scadenza del pagamento della tassa, il 21 gennaio. Una sentenza che però dovrebbe contenere lo stop definitivo all’Imu sui terreni agricoli di montagna, almeno stando alle motivazioni contenute nell’accoglimento del ricorso che ha accolto tutte le osservazioni dei ricorrenti, dove si legge che il decreto «determina eccezionale e grave pregiudizio per l’assoluta incertezza dei criteri applicativi», oltre a non rispettare le regole in tema di finanza pubblica con grave pregiudizio sui bilanci comunali.

Non ci voleva un genio per capire che le regole contenute nel decreto Imu sui terreni agricoli erano di difficile applicazione, se non demenziali. Stabilire di far pagare tutti i terreni posti al di sopra dei 600 metri appartenenti ad un comune la cui sede è posta al di sotto dei 281, mentre rimanevano esenti i terreni posti in riva al mare appartenenti ad un comune la cui sede era sopra i 600 metri oltre ad esser cervellotico è anche discriminante tra i diversi contribuenti. Non solo: il Tar del Lazio evidenzia ancora come il provvedimento renziano costituisca «una palese violazione delle norme poste a tutela del contribuente in tema di irretroattività e di spazio temporale minimo per l’attivazione di adempimenti relativi a provvedimenti impositivi». Difficile contraddire questo rilievo: trovare tra capo e collo (tra l’emanazione del provvedimento e l’obbligo del pagamento nella prima stesura del decreto passava solo una manciata di giorni) qualche migliaio di euro extra per pagare l’Imu su una campagna incolta ereditata era un operazione difficile anche per i più volonterosi ed onesti contributori dello Stato.

La sospensiva ora produce effetti gravi sulla finanza pubblica, centrale e locale. Il governo Renzi ha tagliato 359,5 milioni di euro a oltre 4.000 comuni italiani in cambio del maggior gettito Imu che sarebbe dovuto entrare nelle loro casse attraverso la tassazione dei terreni agricoli finora esentati. Anche qui, i ritardi nell’approvazione e nell’emanazione del decreto sono stati determinanti, tanto da arrivare al 6 dicembre con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, quando i Comuni avevano già assunto impegni di spesa basati anche sulle disponibilità che il governo Renzi ha loro tagliato, con l’assurdo di causare gravi problemi al pareggio di bilancio di molte realtà locali, che ora rischiano il dissesto per mano di una decisione del governo Renzi. Il fatto di avere rinviato in corner la scadenza di pagamento dal 15 dicembre al 26 gennaio con un ennesimo decreto per dare il tempo ai comuni di accertare l’Imu da chiedere ai vari proprietari in precedenza esentati è stata una toppa peggiore del buco da chiudere. Di fatto, i comuni si trovano nell’impossibilità di trovare i 395,5 milioni di euro graziosamente loro tagliati dal governo Renzi, soldi che Renzi ha già bellamente speso per erogare a pochi fortunati i famosi 80 euro in busta paga. Come se ne esce? La cosa più semplice sarebbe chiedere indietro gli 80 euro a chi li ha percepiti mediante una trattenuta sugli stipendi, anche in soluzione unica, visto che l’erogazione ha interessato solo sei mesi, con annesse solenni scuse del Pressapochista di Rignano all’Arno a tutti i contribuenti inutilmente vessati. Una colossale figura di palta che va ad aggiungersi alle decine già collezionate da una compagine di governo che non brilla affatto per capacità e lungimiranza, presa com’è a twittare ad ogni singulto del premier.