L’Arcivescovo nell’incontro con la stampa lancia la rivoluzione delle parrocchie
Il progetto di un “ripensamento” delle parrocchie della diocesi è stato annunciato a Venezia dal Patriarca Francesco Moraglia al suo terzo Natale a Venezia.
Nel tradizionale incontro con i giornalisti, Moraglia ha spiegato l’avvio di «un processo che vedrà le parrocchie, soprattutto le più vicine e quelle più in sofferenza, maggiormente collegate tra loro e più omogeneizzate nella cura pastorale. Un procedimento che dovrà vedere sacerdoti e laici confluire come soggetti di una pastorale sempre più viva». Moraglia è arrivato a questa conclusione dopo aver completato, in un giro durato due anni e mezzo, gli incontri con tutte le comunità del Patriarcato. «La peculiarità di questa Diocesi – ha sottolineato – è quella di ricomprenderne sostanzialmente tre: quella di Venezia, quella di Mestre-Marghera e quella di Litorale e Riviera. L’impressione che ho ricavato è quella di una Chiesa che cerca di entrare in una logica diversa per i rapporti col territorio, rendendosi conto che non riusciremo più, nel prossimo-medio futuro, a posizionarci come abbiamo fatto finora. Le parrocchie rimarranno, ma lo faranno in modo diverso, ripensando i rapporti tra sacerdoti e laicato, in quello che diverrà il futuro delle nostre comunità. Cercheremo cioè di ripensare la pastorale in un modo in cui il laicato, vivendo la propria laicità, si muova all’interno della pastorale assumendo una corresponsabilità, costituendosi un soggetto sul territorio in cui ci sono peculiarità».
Il Patriarca, ammettendo che «in certi ambiti, i laici ne sanno più dei preti», ha quindi citato come esempi il catechismo («il catechista nato di un adolescente è l’adolescente stesso») o la famiglia («la miglior testimonianza della famiglia cristiana la danno le stesse famiglie»). «Ci vuole – ha proseguito – anche un’assunzione di mandati specifici. Ci vogliono unità pastorali in cui i sacerdoti avranno una pastorale itinerante e, in loco, rimarranno i laici, per fornire i primi servizi, che non saranno più la semplice custodia della chiesa, ma l’accoglienza, il primo incontro, il primo approccio e la prima soluzione ai problemi. Non dobbiamo rincorrere la mancanza di sacerdoti, ma promuovere un laicato cattolico: può essere l’occasione importante per dare al sacerdote i suoi compiti e fare in modo che i laici siano soggetti attivi della pastorale. Diciamo insomma sì a una declericalizzazione, di fronte a supplenze eccessive svolte in passato dai sacerdoti», ma «il clero veneziano – ha concluso Moraglia – è buono, impegnato, si sta muovendo lungo le direzioni giuste, anche se, tra 200 sacerdoti, c’è chi corre, chi cammina e chi va aiutato. Ma il clima di comunione e corresponsabilità fa sperare bene, avendo inoltre laici molto sensibili ed attivi su certi temi».
«Venezia sta vivendo tutte le difficoltà dell’Italia e, in più, è una città decapitata, alla quale si aggiunge la difficile transizione sulla Provincia»: è uno sguardo preoccupato quello che il Patriarca di Venezia ha rivolto alla città, sottolineando come «i tempi non sono favorevoli nella situazione locale sia dal punto di vista politico, che da quello economico e finanziario. Ma so che i Veneziani tirano fuori il meglio di sé, nei momenti di difficoltà, avendo l’ottimismo di chi sa che, in quei frangenti, si trovano elementi essenziali per andare avanti insieme». Sul commissariamento del Comune, Moraglia ha sottolineato che «Venezia vive una situazione in cui le difficoltà sono aumentate dalla carenza di una guida politica. Dobbiamo ringraziare il Commissario per il lavoro che sta facendo, ma si tratta pur sempre di un tecnico. Guardo quindi con trepidazione alla campagna elettorale, in cui bisogna che siano proposti progetti reali per il territorio e la città, senza dilacerarne ulteriormente il tessuto». «Vedo – ha proseguito Moraglia – la gente un po’ in difficoltà, nei confronti della parola “politica”: una crisi di fiducia che ritengo vada contrastata, perché, aprendo questo versante, esiste solo l’antipolitica. E’ stato un anno faticoso, non solo per Venezia, ma anche per Milano e Roma, al centro di tante comunicazioni mediatiche per cose che avremmo preferito non fossero al centro dell’attenzione, perché creano difficoltà. Dobbiamo cogliere le occasioni, di fronte a temi come l’apertura del Mose e la sua successiva gestione onerosissima, del personale della Provincia che a dieci giorni dalla scadenza non ha indicazioni molto chiare sul suo futuro, ma anche a idee e occasioni perse, come l’Expo che inizia a maggio e che ci ha visto alla finestra».