Il “Don Giovanni” di Wolfgang Amadeus Mozart alla Fenice di Venezia

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teatro la fenice Don Giovanni
teatro la fenice Don GiovanniL’opera sarà in scena da sabato 11 ottobre per sette repliche

Va in scena al Teatro La Fenice di Venezia la ripresa del fortunato allestimento di “Don Giovanni”, dramma giocoso in due atti di Wolfgang Amadeus Mozart sul libretto di Lorenzo Da Ponte, che vinse nel 2011 un Premio Abbiati (a Paolo Fantin e Carla Teti per le scene e i costumi) e cinque Opera Award (a Damiano Michieletto per la regia, Paolo Fantin per le scene, Carla Teti per i costumi, Alex Esposito per il ruolo di Leporello e all’intero allestimento come miglior spettacolo della stagione 2010).

La produzione di Damiano Michieletto sarà proposta con la direzione musicale di Stefano Montanari con un doppio cast che comprende i baritoni Alessio Arduini e Alessandro Luongo nel ruolo di Don Giovanni, i soprani Jessica Pratt e Francesca Dotto in quello di Donna Anna, i tenori Juan Francisco Gatell e Anicio Zorzi Giustiniani in quello di Don Ottavio, i soprani Maria Pia Piscitelli e Cristina Baggio in quello di Donna Elvira e i baritoni Alex Esposito e Omar Montanari in quello di Leporello, affiancati da Attila Jun nel ruolo del Commendatore, William Corrò in quello di Masetto e Caterina Di Tonno in quello di Zerlina. Maestro del Coro Claudio Marino Moretti, maestro al cembalo Roberta Ferrari.

La prima di sabato 11 ottobre (ore 20.30) sarà seguita da sette repliche consecutive, tutte fuori abbonamento: domenica 12 alle ore 15.30, martedì 14, mercoledì 15, giovedì 16 e venerdì 17 alle 19.00, sabato 18 e domenica 19 alle 15.30. La recita di martedì 14 ottobre rientra nell’iniziativa «La Fenice per la città», rivolta ai residenti nel comune di Venezia. Tutte le rappresentazioni saranno proposte con sopratitoli in italiano e in inglese.

Il dramma giocoso “Don Giovanni”, secondo capolavoro della cosiddetta trilogia su testi di Lorenzo Da Ponte (comprendente anche “Le nozze di Figaro” e “Così fan tutte”), fu presentato da Mozart al pubblico di Praga il 29 ottobre 1787; l’impresario del Nationaltheater gli aveva chiesto un nuovo lavoro dopo il successo praghese delle “Nozze di Figaro”, con una particolare raccomandazione riguardo al ruolo da destinare al baritono Luigi Bassi, acclamato interprete di Figaro. Mozart lavorò alacremente tra marzo e ottobre, e l’opera andò in scena con grande successo, rinnovando l’entusiasmo dell’amato pubblico praghese.

Tiepida fu invece, cosa non nuova, l’accoglienza viennese nel maggio 1788: «troppo forte per i nostri viennesi» fu il significativo commento dell’imperatore. Effettivamente diverse pagine dell’opera – come ad esempio la sovrapposizione poliritmica di tre danze nel finale primo e la cosiddetta ‘serie dodecafonica’ del commendatore, frutto di una radicale concezione del cromatismo, nel finale secondo – sono voce di quello stesso Mozart ombroso, preromantico, che avrebbe scontato in una sostanziale incomunicabilità i propri ultimi anni di vita.

Non senza una sfida implicita al cronologicamente vicinissimo Don Giovanni Tenorio ossia Il convitato di pietra di Bertati e Gazzaniga, presentato al San Moisè di Venezia nel febbraio 1787, il Don Giovanni di Mozart e Da Ponte raccoglie un soggetto di antica frequentazione letteraria (con penne di rango come Tirso de Molina, Molière, Goldoni), che però ai tempi di Mozart stava ricadendo al rango, suo originario, dell’intrattenimento teatrale popolare. Grazie soprattutto alle scelte del compositore, sovente aperte a sublimi altezze paragonabili solo a pagine del Requiem e della Zauberflöte, Mozart e Da Ponte elevarono il soggetto di derivazione popolare a una sfera tragico-simbolica che di frequente irrompe nell’impianto comico-giocoso settecentesco a liquidare le paludate distinzioni di genere del classicismo razionalista anticipando valori preromantici quali l’ironia tragica ed il senso del grottesco (compresenza di comico e serio) come cifra esistenziale.

Ignorando l’intrinseca duplicità del capolavoro mozartiano e calcando la mano sull’aspetto sublime e terrifico dell’opera, alcune letture hanno fatto del Don Giovanni una sorta di mito della cultura europea, segnando indelebilmente il moderno approccio a questo capolavoro: dallo spessore metafisico attribuito al protagonista da E.T.A. Hoffmann, alla lettura di Kierkegaard che identificò nella musica di Mozart l’unico mezzo adeguato ad esprimere le vertigini sensuali della seduzione, si individuò nel personaggio di “Don Giovanni” quel latente e già faustiano mal de vivre che spinge l’umano libero arbitrio a varcare ogni limite nella ricerca dell’assoluto.

Si tratta di letture senza dubbio parziali, che dimenticano intere sezioni dell’opera e con esse le valenze storicamente definite degli stili musicali impiegati da Mozart: letture che hanno portato ad equivocare persino sul sottotitolo di «dramma giocoso», risalente alla tradizione librettistica goldoniana alla quale “Don Giovanni” è strettamente collegato. Bisogna tuttavia riconoscere che si tratta di interpretazioni non facilmente liquidabili, e ricordare che il vero significato della compresenza in Don Giovanni di comico e tragico, di Settecento ed Ottocento, non risiede nel loro conflitto, ma nella loro armonia, opera di un genio che come nessun altro ha conosciuto la profondità della leggerezza.