Terzo mandato: la Corte costituzionale boccia la Campania, mentre il Trentino ci prova

Nello stesso giorno della sentenza che ha stroncato definitivamente le ambizioni di De Luca e di Zaia, per il trentino Fugatti il terzo giro di giostra appena approvato dal Consiglio è destinato a rimanere un sogno.

terzo mandato
I tre presidenti con ambizioni di terzo mandato stroncata: Maurizio Fugatti, VIncenzo de Luca e Luca Zaia.

Nello stesso giorno della sentenza che ha stroncato definitivamente le ambizioni di De Luca e di Zaia, per il trentino Fugatti il terzo giro di giostra appena approvato dal Consiglio è destinato a rimanere un sogno.

Ogni tanto, la sorte ci mette del suo nelle cose della politica legate alla suprema giustizia italiana: le ambizioni di terzo mandato per i presidenti delle regioni sono state stroncate dalla sentenza della Corte costituzionale, mettendo la pietra tombale sul terzo giro di giostra del campano Vincenzo de Luca e del veneto Luca Zaia (per lui sarebbe il quarto) e pure per il trentino Maurizio Fugatti, il quale si vede chiuso lo scenario proprio poche ore dopo una votazione del Consiglio provinciale di Trento che autorizzava il terzo mandato nello stesso giorno in cui la Corte costituzionale cassa. Decisione che inevitabilmente avrà effetti anche sulle ambizioni del leghista trentino che per centrare il suo obiettino non ha avuto remore a mettere in crisi la sua maggioranza scassando Fratelli d’Italia.

La Corte costituzionale ha stabilito che il legislatore campano ha violato «l’articolo 122, primo comma, della Costituzione, che attribuisce al legislatore regionale il compito di disciplinare, tra l’altro, le ipotesi di ineleggibilità del presidente della giunta regionale nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica» relativamente al ricorso presentato dal governo contro la legge regionale numero 16 del 2024 che avrebbe consentito al governatore Vincenzo De Luca di espletare un terzo mandato.

La legge è stata dichiarata incostituzionale dopo l’udienza pubblica tenutasi a Palazzo della Consulta. La Corte costituzionale ricorda che l’articolo 1 della legge «dopo avere previsto che non è immediatamente rieleggibile alla carica di presidente della giunta regionale chi, allo scadere del secondo mandato, ha già ricoperto ininterrottamente tale carica per due mandati consecutivi» ha tuttavia stabilito che «ai fini dell’applicazione della presente disposizione, il computo dei mandati decorre da quello in corso di espletamento alla data di entrata in vigore della presente legge». Per la Consulta, con quest’ultimo inciso, «il legislatore campano ha reso inapplicabile, per la prossima tornata elettorale, il principio fondamentale del divieto del terzo mandato consecutivo posto dal legislatore statale con la legge numero 165 del 2004», violando così l’articolo 122, primo comma, della Costituzione.

Nello stesso giorno della sentenza della Corte costituzionale, il Consiglio provinciale di Trento ha approvato una modifica alla legge elettorale per consentire al presidente della Provincia di fare il terzo mandato dopo una seduta che ha messo a rischio la maggioranza provinciale, visto che il presidente Maurizio Fugatti ha esercitato tutta la sua influenza per raccattare i voti necessari per centrare il suo obiettivo, finendo con il fare esplodere Fratelli d’Italia dove 2 dei 4 consiglieri hanno votato a favore della legge nonostante l’indicazione contraria fatta dal partito.

Magra consolazione per i promotori del “Salva Fugatti”, come lo hanno definito gli esponenti Pd, visto che la legge sarà certamente impugnata dal governo Meloni – che si è sempre dichiarato contrario dal terzo giro di giostra per gli amministratori locali – e alla luce della sentenza della Corte costituzionale pronunciata solo poche ore dopo.

Intanto Fratelli d’Italia scoppia, con il coordinatore regionale del partito, il deputato altoatesino eletto in un collegio blindato veneto, Alessandro Urzì, che parla di «tradimento, FdI non è un taxi elettorale» all’indirizzo dei due transfughi che si sono dimessi dal partito subito dopo il voto, l’assessore regionale Carlo Daldoss e Cristian Girardi.

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Nonostante che al momento sia Fugatti che il suo vicepresidente Francesca Gerosa (FdI) affermino che per la maggioranza nulla cambia, lo scherzetto perpetrato dai leghisti ai danni di Fratelli d’Italia non potrà che incrinare ulteriormente i già difficili rapporti all’interno della maggioranza, rapporti già tesi per via della formazione delle liste elettorali per le elezioni comunali del 4 maggio, specie nei centri maggiori del Trentino.

Di fatto, Fugatti e la Lega si rafforzano potendo contare su 19 voti sicuri rispetto ai 17 precedenti, mentre FdI diventa sempre più ininfluente. Una situazione che non tarderà ad deflagrare ulteriormente, specie negli argomenti cari a FdI e al vicepresidente che, spesso, non trovano altrettanto entusiasmo tra i leghisti.

In una conferenza stampa, i due Fratelli transfughi Daldoss e Girardi affermano come «abbiamo votato da consiglieri liberi nell’interesse del Trentino», sottolineando che hanno lasciato Fratelli d’Italia perché «nel corso del tempo, abbiamo constatato con dispiacere che le nostre ripetute osservazioni sulla necessità di un approccio più attento alle dinamiche locali e svincolate da imposizioni troppo verticistiche non sono state recepite».

Affermazioni che hanno provocato la reazione piccata di Urzì: «i tradimenti sono sempre personali perché sono sempre legati a scelte personali. Fratelli d’Italia invece rappresenta un interesse dell’intera comunità, non di singoli. E questo continueremo a rappresentare. È sempre un cattivo spettacolo per la politica la scelta di chi monta su Fratelli d’Italia prima delle elezioni, come montasse su un taxi, per farsi eleggere e poi scendere alla prima fermata. Sono questi i comportamenti che allontanano i cittadini dalla politica. Ne prendiamo atto, ma ribadiamo che nulla cambia ed anzi forse tutto questo potrà aiutare a dare una crescita pulita al partito e a chi rimane fedele ai suoi valori».

Ma Urzì è pure lui responsabile di questa situazione, visto che ha puntato più a crescite per linee esterne attingendo a personaggi con un trascorso noto di giri di valzer tra più forze politiche, piuttosto che a valorizzare la militanza interna, finendo con il demoralizzare l’impegno di coloro che si sono fatti il mazzo per supportare la crescita e il radicamento del partito, cosa che si è ripetuta anche nella formazione delle liste per le elezioni comunali.

Se la maggioranza di Fugatti si gode un effimero successo di Pirro, dalle opposizioni di sinistra si afferma – ancora prima della sentenza della Corte costituzionale – che «ciò che è successo in aula è espressione dell’ambizione di rimanere e proseguire nei propri incarichi. Non stupisce che ancora una volta si cerchi di modificare i modelli culturali ed elettorali per poter validare la possibilità di un terzo mandato. C’è una ragione al fatto che i mandati possibili siano due: si tratta della possibilità del ricambio democratico e di concorrere assieme a evitare che si generino meccanismi di oligopolio. Viviamo in un’epoca che vede un astensionismo di massa e una disaffezione alla politica, ciò è correlato alle responsabilità stesse che la politica ha e ha avuto. Questo percorso non è un buon esempio nei confronti della comunità».

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