A cinque anni dal fallimento della società di bioplastiche Bio-on, l’ex unicorno che valeva 1,3 miliardi a Piazza Affari e che prometteva di salvare il mondo dalla plastica da origine fossile prima di fallire sotto il peso del report del fondo Usa Quintessential e dell’inchiesta della Procura di Bologna, si è concluso con otto condanne e una assoluzione il processo di primo grado davanti al collegio di giudici, presieduti da Domenico Pasquariello.
Tra i nove imputati, l’ex presidente di Bio-on, Marco Astorri, e il suo vice, Guido Cicognani, condannati entrambi a 5 anni e 2 mesi. La Procura, con il pm Michele Martorelli e il procuratore aggiunto Francesco Caleca, aveva chiesto 10 anni ciascuno. Entrambi sono stati condannati per manipolazione del mercato, ma solo relativamente a un comunicato stampa sulla semestrale di Bio-on del 30 settembre 2019, falso in bilancio e bancarotta impropria da falso in bilancio, mentre sono stati assolti dall’accusa di bancarotta fraudolenta per distrazione perché il fatto non costituisce reato e dall’accusa di tentato ricorso abusivo al credito perché il fatto non sussiste.
Rispetto alle richieste della Procura, ridotte anche le pene per l’ex direttore generale dell’azienda, Vittorio Folla (4 anni e 4 mesi), per l’ex presidente del collegio sindacale, Gianfranco Capodaglio (3 anni e 8 mesi) e per il revisore, Gianni Bendandi (3 anni e 6 mesi). Quattro anni infine per l’ex consigliere della società, Gianni Lorenzoni, e 3 anni e 6 mesi per gli ex componenti del collegio sindacale, Vittorio Agostini e Giuseppe Magni. Assolto Pasquale Buonpensiere, ex direttore finanziario.
Le accuse, a vario titolo, erano per manipolazione del mercato, bancarotta impropria, bancarotta fraudolenta per distrazione e tentato ricorso abusivo al credito. Al termine dell’udienza preliminare aveva patteggiato invece una pena a un anno e sei mesi il revisore dei conti di Ernst&Young, Alberto Rosa.
«Una immagine che mi è venuta in mente – disse il pm Caleca all’inizio della sua requisitoria pensando a Bio-on – è quella di un vecchio souvenir. In Campania venivano messi in vendita barattoli molto belli, erano i barattoli dell’aria di Napoli, ma a parte il valore estetico, quando si apriva il barattolo non c’era nulla». Per il procuratore aggiunto, c’è stata «una gestione criminale di questa impresa, prima del fallimento». Quintessential aveva accusato Bio-on di essere «una nuova Parmalat», per l’accusa, invece, si trattò di «una piccola Parmalat».
Astorri, nonostante l’esito del primo grado, dice di mantenere «forte e piena fiducia nell’esito finale e nel lavoro dei giudici. Bio-on era un’industria di eccezionale valore, non solo per l’Italia ma per il pianeta, che è stata distrutta da un attacco speculativo alla quale si è sommata un’iniziativa giudiziaria che, invece di indagare i pirati della finanza, ha indagato i vertici della nostra azienda».
Alle oltre mille parti civili costituite nel processo, i risarcimenti verranno stabiliti in sede di giudizio civile, mentre al Gruppo Ima i giudici bolognesi hanno accordato una provvisionale da un milione di euro. Bio-on dopo il fallimento è stata acquistata dalla piemontese Maip per circa 20 milioni e la società, che ha rilevato lo stabilimento di Castel San Pietro, ha preso Astorri come consulente.
Intanto, l’avvocato Tommaso Guerini, legale dell’ex presidente della società di bioplastiche Bio-on, Marco Astorri, ha già preannunciato appello: «abbiamo vissuto un processo lungo, molto complesso e questo dispositivo che dovremo comprendere alla luce delle motivazioni, da atto che l’impianto accusatorio proposto dalla Procura non ha tenuto fino in fondo. Dovremmo capire ovviamente cosa non ha convinto della nostra linea difensiva il Tribunale di Bologna, lo faremo leggendo le motivazioni, ci prepariamo a un giudizio d’appello che sarà altrettanto interessante».
Intanto, il fondo Quintessential Capital Management canta parziale vittoria accogliendo «con favore la sentenza di primo grado della Corte di Bologna. Attendiamo le motivazioni per approfondire, ma la sentenza ha inequivocabilmente sancito l’illiceità del loro comportamento. Tuttavia, purtroppo, non possiamo ancora affermare che sia stata resa piena giustizia, poiché molti rimangono senza tutela: coloro che, affidandosi alle promesse fantasiose dei condannati e, come oggi stabilito, infondate, hanno in numerosi casi perso tutti i loro risparmi e dovranno aspettare la sentenza definitiva per eventuali risarcimenti. Confidiamo che questa sentenza serva da esempio e monito per il mercato, promuovendo maggiore attenzione e trasparenza. Quintessential, che aveva da tempo segnalato ciò che oggi è stato riconosciuto pubblicamente, esprime particolare orgoglio per il proprio contributo a far emergere la verità».
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