Petroglifi rupestri più alti d’Europa scoperti in Lombardia

Eccezionale scoperta a Valfurva ai piedi del ghiacciaio del Pizzo Tresero nel Parco nazionale dello Stelvio a 3.000 metri di quota.

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La Lombardia si conferma come un vero e proprio libro di storia e di biodiversità a cielo aperto e si arricchisce di una nuova eccezionale scoperta: i petroglifi del Pizzo Tresero nel comune di Valfurva (Sondrio) nel Parco Nazionale dello Stelvio.

Una scoperta che nasce dalla segnalazione, nell’estate 2017, da parte dell’escursionista comasco Tommaso Malinverno alla Soprintendenza, della presenza di alcuni segni incisi su una roccia ai piedi del ghiacciaio del Pizzo Tresero, a 3.000 metri di altitudine. Si tratta di incisioni rupestri databili alla Media età del Bronzo, tra 3.600 e 3.200 anni fa. A questa scoperta si “associa” la notizia, diffusa il 13 novembre, di un ritrovamento paleontologico nel Parco delle Orobie Valtellinesi, un ecosistema fossilizzato 280 milioni di anni fa e risalente all’ultimo periodo dell’era paleozoica.

La scoperta e gli studi sono stati presentati a Palazzo Lombardia. I petroglifi del Tresero sono una testimonianza della presenza di lunghissimo periodo dell’uomo nelle terre di montagna. Le incisioni sono collocate sopra il Passo di Gavia e sono in stretto collegamento con i siti rupestri in Valtellina e in Valle Camonica, primo sito italiano a ottenere, nel 1979, il riconoscimento Unesco quale Patrimonio dell’Umanità.

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La presentazione dei risultati della ricerca scientifica a Palazzo Lombardia.

«Siamo di fronte a una scoperta di importanza molto rilevantissima – ha detto il presidente della Lombardia, Attilio Fontana – perché si tratta dei graffiti rinvenuti, in Europa, alla quota più alta, a oltre 3.000 metri. Una notizia eccezionale che assume un valore scientifico e storico particolarmente rilevante e che rendono queste montagne lombarde ancora di più al centro dell’interesse non solo degli appassionati della materia, ma più in generale a tutti coloro che si recheranno in Valtellina per visitarle».

«Il Parco Nazionale dello Stelvio – ha detto l’assessore regionale a Enti locali e Montagna, Massimo Sertori – è veramente un libro cielo aperto perché ogni giorno ci regala delle sorprese. In questo caso parliamo di ritrovamenti molto importanti. Questo è un ritrovamento eccezionale che testimonia la presenza dell’uomo ad altitudini così elevate anche in tempi in tempi molto lontani. Regione Lombardia continuerà a seguire questa scoperta con grande attenzione, un ritrovamento che interessa l’area del Parco nazionale dello Stelvio e che coinvolge tante università esaltando la ricerca scientifica anche sulle specie animali, sulla biodiversità e sulla natura del paesaggio».

L’assessore regionale alla Cultura, Francesca Caruso, ha voluto evidenziare come «questa scoperta abbia un significato fondamentale proprio in chiave culturale. Una notizia che ci consentirà di conoscere meglio il nostro passato, potenziare l’attrattività culturale delle nostre aree di montagna e di promuoverle per il futuro anche al di là dei già qualificati aspetti turistici».

«Allo già straordinario valore delle sue componenti ambientali e paesaggistiche, si aggiungono – ha rilevato il direttore del Parco Nazionale dello Stelvio, Franco Claretti – le testimonianze, per ora solo sfumate ma di grandissimo interesse e fascino, che ne fanno un territorio vissuto da millenni. Quello dei petroglifi del Tresero è solo un caso dei tanti filoni di indagine storica su cui stiamo lavorando assieme ai molti altri partner istituzionali. Un caso unico per le terre alte. Qui uomo e natura interagiscono e si plasmano l’un l’altro da sempre. L’idea della coesistenza affiora dalla storia profonda».

«Il complesso di incisioni rinvenute al Tresero – ha dichiarato Stefano Rossi, archeologo della Soprintendenza – costituisce un contesto eccezionale di ricerca e pone interrogativi fondamentali per la comprensione del complesso rapporto tra l’uomo e la montagna nel corso degli ultimi millenni. Oggi si tende forse a pensare che l’alta montagna sia una conquista recente, fatta da alpinisti a partire dal secolo scorso, ma i numerosi rinvenimenti effettuati nei ghiacciai, a partire naturalmente dall’Uomo del Similaun, danno conto di una lunga frequentazione, iniziata nella preistoria, dopo la fine dell’ultima glaciazione. In questo senso, l’area del Gavia è un osservatorio unico e privilegiato che consente di ripercorre a ritroso queste frequentazioni per oltre diecimila anni. La comunicazione di questa scoperta segue di pochi giorni quella relativa all’ecosistema fossile rinvenuto in Val d’Ambria, a Piateda, a testimonianza della fortunata stagione di rinvenimenti che sta vivendo la Valtellina nell’ultimo anno».

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Il metro indica le dimensioni di uno dei tanti petroglifi individuati.

I petroglifi si concentrano su alcune rocce lisciate dall’azione dei ghiacci poste in posizione defilata lungo il margine occidentale del bacino del ghiacciaio, ai piedi di Punta Segnale. Le tecniche impiegate nella realizzazione delle incisioni e alcune caratteristiche nella composizione figurativa suggeriscono che i segni siano stati realizzati da mani diverse, forse in periodi successivi.

Le incisioni del Tresero si collocano quindi al confine tra due dei comprensori più ricchi di manifestazioni d’arte rupestre dell’arco alpino: le rocce e i massi incisi camuni, patrimonio Unesco e ormai note a livello mondiale, e le altrettanto significative testimonianze valtellinesi, come la Rupe Magna di Grosio, tra le rocce incise più estese delle Alpi, o le statue-stele rinvenute numerose nell’area di Teglio.

Va evidenziato che tracce dell’azione di erosione e di sfregamento causate dalla nuova avanzata del ghiacciaio, a partire da 3.000 anni fa, sono ancora visibili sulle rocce e riguardano anche le incisioni, che presentano striature e risultano parzialmente cancellate. Ciò potrebbe far supporre che in origine i segni incisi fossero in numero maggiore e che siano stati in parte cancellati dall’avanzata glaciale, che avrebbe risparmiato solo quelli posti in posizione più protetta. Se questa ipotesi fosse corretta, i petroglifi rinvenuti sul Tresero potrebbero essere quanto resta di un complesso figurativo più vasto, una sorta di ‘santuario’ di arte rupestre, una versione a piccola scala di quello riconosciuto fin dall’Ottocento sul Monte Bego, sulle Alpi Marittime, a oltre 2.000 metri di altitudine.

Questa scoperta conferma che il Parco Nazionale dello Stelvio e l’Alta Val di Gavia rappresentano un osservatorio unico e privilegiato per ricostruire l’interazione tra uomo e terre alte. Sulle domande che ruotano attorno al ritrovamento è in corso un articolato progetto di ricerca.

L’obiettivo ora è ricostruire le modalità di occupazione del territorio e le strategie di sfruttamento delle risorse delle comunità umane in tutta l’area dell’Alta Valle di Gavia, che è nota per aver restituito tracce di frequentazioni molto antiche. L’esito delle indagini archeologiche condotte dal 2022 in diversi siti a breve distanza dal Tresero, alla Malga dell’Alpe, alla Grotta Cameraccia e al Lago Nero, ha infatti confermato che queste aree, oltre diecimila anni fa, furono percorse dai cacciatori mesolitici, che hanno lasciato le tracce di bivacchi e di postazioni per la caccia. E la Lombardia, anche come Regione, vuole conoscere di più e meglio il suo passato umano e quello delle sue montagne, uno dei preziosi tesori regionali.

 

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