La vicenda della patente a crediti escogitata dall’ennesima mente burocratica sindacalizzata nel tentativo di rallentare per tabulas la moria degli addetti sui cantieri edili parte decisamente in salita. Di fronte alle richieste di proroga delle associazioni di categoria e dei partiti di maggioranza e di opposizione per via del regolamento di attuazione emanato nel consueto ritardo e a ridosso dell’entrata in vigore della norma, ora si aggiunge anche il rischio di fare implodere il portale dell’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) che avrebbe dovuto raccogliere, a partire da martedì 1° ottobre, le domande a parte delle oltre 830.000 aziende del settore.
Al fine di evitare l’ennesima figuraccia di una burocrazia ancora in larga parte all’età di carta e calamaio e dei piccioni viaggiatori, l’Inl ha partorito una pezza che non va a coprire il buco dell’impreparazione e della disorganizzazione, consentendo alle imprese l’invio di un’autocertificazione per mezzo Pec che, per tutto il mese di ottobre, costituirà una modalità alternativa all’inserimento della domanda nel portale dell’Inl.
Si badi bene che l’autocertificazione presentata dalle imprese non sarà sufficiente ad esaurire la pratica, nossignori: entro la fine di ottobre, con comodo, le imprese dovranno comunque ripetere la domanda nel portale dell’Inl, quando sarebbe stato più logico che l’Istituto sanasse d’ufficio un proprio disservizio caricando direttamente le risultanze dalle autocertificazioni delle aziende nel relativo portale, dandone poi puntuale comunicazione agli interessati con l’attribuzione della patente a crediti.
Secondo l’Ufficio studi della Cgia che ha denunciato l’ennesima défaillance burocratica, «pur non essendo grave, la conseguenza di tutto ciò è comunque molto fastidiosa: per tante aziende e altrettanti lavoratori autonomi la richiesta della patente a crediti dovrà essere fatta due volte. Tutto sommato, l’“impegno” burocratico da assolvere è modesto. Comunque sia, è una questione di principio. Ci si trova di fronte all’ennesima impreparazione della pubblica amministrazione che, nonostante abbia avuto cinque mesi di tempo per “organizzare” il servizio, continua a scaricare sugli utenti la propria imperizia».
Secondo la Cgia «va ricordato che il ministero del Lavoro, conscio del ritardo maturato negli ultimi due mesi, ha comunque deciso di non concedere la proroga all’entrata in vigore del nuovo provvedimento. Ipotesi, quest’ultima, che una decina di giorni fa era stata chiesta sia dalle forze politiche di maggioranza che di opposizione. Poi, va sottolineato che alle aziende viene chiesto di certificare il possesso di requisiti che gli enti preposti (Camera di Commercio, Inps, Agenzia delle Entrate, etc.), dispongono già. Insomma, non c’è verso. La pubblica amministrazione fa spallucce di fronte alle richieste di buon senso (come quella di concedere un rinvio), si muove con una lentezza disarmante e continua imperterrita a chiedere ai destinatari, in questo caso alle imprese, informazioni e documenti in suo possesso».
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