Era nell’aria dopo innumerevoli denunce, segnalazioni politiche e dimissioni dei controllori dei conti del Centro servizi “S. Chiara” chiamato dalla provincia di Trento a gestire la fantasmagorica spianata attrezzata con larghissimo dispendio dell’opera della Protezione civile del Trentino poi pomposamente battezzata “Trentino Music Arena”: la Guardia di finanza su mandato della Corte dei conti ha avviato un’indagine per chiarire le responsabilità del “bucone” finanziario da 2,1 milioni di euro nella gestione dello spianata.
L’area agricola da oltre 20 ettari, espropriata anni addietro dalla provincia di Trenbto per realizzarvi la nuova cittadella militare per liberare le aree delle caserme ossi sparse nel territorio cittadino, con il cambio delle necessità logistiche della Difesa è finita nel nulla, salvo essere stata utilizzata per depositare lo smarino proveniente dallo scavo delle due gallerie della tangenziale di Martignano, rendendo sterile il terreno agricolo.
L’idea balenata nelle meningi del presidente del Trentino, il leghista Maurizio Fugatti, è stata di trasformarla in un’immensa balera all’aperto, con notevoli problemi di accessibilità e di sicurezza, tanto che in occasione del primo evento inaugurale, l’esibizione di avvio del tour di Vasco Rossi, il questore dovette fermare la circolazione dei treni lungo la limitrofa ferrovia per un paio di ore per via delle migliaia di persone che per sfollare avevano imboccato la massicciata ferroviaria, con estremo rischio di incidenti per il transito dei treni merci notturni.
Ma dopo l’evento inaugurale pagato a peso d’oro dalla Provincia, la “Trentino Music Arena” è stata un buco senza fondo, che ha finito con l’ingoiare milioni di euro nel tentativo di farla decollare all’interno dei circuiti musicali nazionali, tant’è che nella stagione che sta per concludersi, nonostante il finanziamento straordinario da 1 milione, a fronte di un cartellone non tra i più attraenti se si eccettuano dei sempreverdi come i Pooh o gli Europa, hanno portato nella spianata attrezzata per decine di migliaia di spettatori solo un manipolo di paganti, di media 5.000 persone ad evento. Troppo poco per coprire le spese, anche solo quelle d’ingaggio degli artisti.
Evento dopo evento, il buco è andato a lievitare fino a raggiungere un deficit di 2,1 milioni di euro, deficit che ha portato alle dimissioni dei sindaci del Centro “S. Chiara” e alla mancata approvazione del bilancio, visto che dalla stessa Provincia – di cui il Centro è uno dei tanti bracci operativi – non sono giunti i fondi necessari alla copertura del buco.
In attesa delle conclusioni degli inquirenti contabili, che potrebbero aprire anche a scenari di carattere penale, è di tutt’evidenza la responsabilità politica del fallimento della “Trentino Music Arena” in capo al suo principale supporter, il leghista Fugatti, che ha fatto uno dei suoi tanti passi più lunghi della gamba della sua gestione dell’Autonomia speciale, passi più volte finiti pesantemente sanzionati dalla magistratura ordinaria e costituzionale.
Intanto, ormai constatata l’impossibilità di sfruttare l’areale come teatro di iniziative per il tempo libero, meglio sarebbe restituirla ad un utilizzo agricolo, attivando iniziative di agricoltura verticale – visto che quella tradizionale a terra è impossibile, a meno di non riportare uno strato di terreno vegetale su uno strato di pietrame roccioso – per consentire coltivazioni di ortaggi e frutta in spazi con atmosfera controllata, che consentono la produzione di alimentari con ridotto impiego di acqua e l’azzeramento di fitofarmaci, oltre a cancellare il rischio meteo che ormai tra siccità, piogge torrenziali, grandinate o gelate mette a rischio la produzione agricola, contribuendo ad aumentare i costi per le famiglie e a spingere sull’inflazione, già più alta della media nazionale.
Potrebbe essere un risarcimento all’ambiente e al buon senso, offrendo un’opportunità di lavoro sicuro a tanti giovani, sempre che il governo provinciale abbia l’umiltà di ammettere i grossolani errori di valutazione e agisca senza la protervia di ripetersi nel sostenere con i soldi pubblici una situazione fallimentare.
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