Il debito pubblico italiano palla al piede della crescita nazionale

Forte ammonimento del governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta: «l’Italia è l’unico paese dell’Eurozona dove la spesa per interessi sul debito è pressoché equivalente a quella per l’istruzione».

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Da queste colonne, si è sempre richiamato la politica di tutti i colori e maggioranze a mettere mano con coraggio ad interventi per la riduzione del debito pubblico italiano, ad un passo della soglia dei 3.000 miliardi, praticamente 50.000 euro per ogni italiano dalla culla alla tomba.

E mentre per la Finanziaria 2025 c’è qualche segretario di partito irresponsabile che parla allegramente di fare nuovo debito pubblico per 10-15 miliardi per attuare le politiche clientelari cui punta, come l’allargamento delle maglie delle pensioni o nuovi bonus, arriva il forte ammonimento del governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, secondo cui «l’Italia è l’unico Paese dell’area dell’euro in cui la spesa pubblica per interessi sul debito è pressoché equivalente a quella per l’istruzione».

Panetta entra a piedi giunti nel dibattito sulla manovra 2025, vincolata dal debito e con scuola, università, pensioni e sanità al centro del confronto sulle risorse fra i partiti di maggioranza del governo Meloni. Panetta, lasciato lo scorso novembre il ruolo di consigliere esecutivo della Bce per guidare ora la Banca d’Italia, intervenendo al Meeting di Rimini non si tira indietro e fa un discorso dedicato per la gran parte all’integrazione europea, alla difesa della “società aperta” e globale in un’epoca di nazionalismi che rialzano la testa: con l’euro «non abbiamo perso sovranità, l’abbiamo guadagnata».

L’Ue «si trova ora di fronte a sfide sia interne sia esterne» di fronte alle quali i governi europei – evidentemente anche quello italiano – hanno il compito «di non disperdere lo slancio verso l’integrazione dell’Ue e di proseguire lungo il percorso comune». Un discorso a tutto campo che nella sua “parte europea”, definendo «semplicemente un’illusione» che l’area euro possa funzionare efficacemente senza una capacità fiscale comune, «senza la quale l’attuale governance europea – caratterizzata da una politica monetaria unica e da politiche di bilancio frammentate a livello nazionalerimane squilibrata».

I governi dovrebbero già ora avviare «una riflessione sui prossimi passi» una volta che il programma Ngeu arriverà a scadenza nel 2026, anche per evitare fenomeni intraeuropei di indebita concorrenza fiscale da parte di piccoli paesi che applicano una fiscalità di vantaggio alle holding multinazionali.

Un richiamo all’Ue anche a «non limitarsi a essere un semplice utilizzatore» di tecnologie avanzate come intelligenza artificiale, robotica, biotecnologie, ma con gli investimenti «deve ambire a un ruolo attivo nella sua produzione».

Per l’Italia, «il problema cruciale rimane la riduzione del debito pubblico in rapporto al prodotto», avverte Panetta. Il debito – che il Def prevede dall’attuale 137-138% aumenti verso il 140% del Pil prima di avviare una discesaespone l’economia italiana ai movimenti erratici dei mercati finanziari. «La strada maestra passa per una gestione prudente dei conti pubblici» col «graduale conseguimento di avanzi primari adeguati». Ma anche «da un deciso incremento della produttività e della crescita», usando bene i 194 miliardi di aiuti europei del “Next Generation Eu” che, nei calcoli di Bankitalia, aggiunge nove punti di Pil.

Il debito italiano è «ovviamente sostenibile», ma ci costringe a spendere soldi «in modo subottimale». E Panetta sottolinea il confronto fra la spesa per ripagare quel debito e la spesa in scuola e università – due motori fondamentali della crescita futura – «perché è emblematico di come l’alto debito stia gravando sul futuro delle giovani generazioni, limitando le loro opportunità». Un allarme quello del banchiere centrale che si può riassumere in due dati: la spesa dell’Italia per l’istruzione nel 2022 è stata di circa 79 miliardi di euro, mentre la spesa per gli interessi passivi del debito pubblico è stata 82,9 miliardi di euro.

Riguardo al tema delle pensioni che pongono un rebus da sciogliere per la legge di bilancio, fra “Quota 103” e “Quota 41”, Panetta avverte che il calo demografico in tutta Europa «rischia di avere effetti negativi sulla tenuta dei sistemi pensionistici, sul sistema sanitario», sugli investimenti e sulla sostenibilità del debito. Occorre aumentare l’occupazione di giovani e donne, ma «anche misure che favoriscano un afflusso di lavoratori stranieri regolari costituiscono una risposta razionale sul piano economico, indipendentemente da valutazioni di altra natura».

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