Dazi Ue alle auto elettriche cinesi: da Pechino si risponde con limiti all’export di antimonio

A risentirne potrebbe essere la produzione europea di batterie al piombo. Le velleità di Ursula von der Leyen a rischio fallimento e con esse il “Green Deal”.

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dazi ue integrazione tra fiamme e hitachi

Se qualcuno ha ancora dubbi sul “Green Deal” e le sue derive demagogiche, la Commissione europea guidata dalla rieletta Ursula von der Leyen continua a traccheggiare priva di una linea strategica coerente e lineare, tanto che sugli annunciati dazi Ue all’importazione di auto elettriche cinesi si fa già una piccola marcia indietro in attesa di farla completamente.

Commissione Europea – che nel consegnare alle parti gli ultimi rilievi consentirà l’ennesima interlocuzione prima della decisione finale – ha infatti rivisto alcune delle percentuali sinora ipotizzate per compensare i sussidi statali ricevuti dalle case automobilistiche che producono in Cina (alterando così la competizione). I dazi Ue per alcune case saranno rivisti al leggero ribasso, mentre per altre aumentano. Tesla avrà un dazio aggiuntivo del 9% per le auto prodotte in Cina (e poi esportate in Europa) come la “Model 3” e “Model Y”.

La Camera di commercio cinese presso l’Ue (Ccceu) esprime «la forte insoddisfazione e la ferma opposizione l’approccio protezionistico» sposato da Bruxelles. La mossa, si legge in una nota della Camera che ha duramente contestato l’iniziativa fin dalle prime battute, «aggraverà le tensioni commerciali tra Cina e Ue, inviando un segnale profondamente negativo alla cooperazione globale e allo sviluppo verde».

Le ultime percentuali di dazio definite dalla Commissione sono: Byd 17,0%, Geely 19,3%, Saic 36,3%. Le altre società che hanno collaborato 21,3%. Quelle che non lo hanno fatto 36,3%. A luglio Byd era al 17,4%, Geely al 19,9%, Saic al 37,6% (tutti gli altri, rispettivamente, al 20,3% e al 37,6%). Cui va aggiunto il dazio già esistente del 10%.

Ora ci sarà «la possibilità per diversi esportatori cinesi e per alcune joint venture con produttori dell’Ue, che non esportavano ancora al momento in cui è stata aperta l’inchiesta, di beneficiare dell’aliquota di dazi Ue più bassa prevista per le società collegate» (che si tratti dunque delle tre marche citate o degli altri due gruppi). Inoltre è stata presa la decisione «di non riscuotere retroattivamente i dazi compensativi», pur con il rischio che da qui al prossimo ottobre, quando potrebbero entrare in funzione i dazi, vi sia un aumento nelle importazioni di auto elettriche cinesi che già ora detengono il 20% del mercato europeo.

Oltre che protestare, a Pechino ci si prepara ad azioni più sostanziose, tra cui la prima potrebbe essere la forte riduzione di esportazione delle terre rare, a partire dall’antimonio. Un materiale che oggi è indispensabile per aumentare le prestazioni in termini di potenza e durabilità delle tradizionali batterie al piombo che sono presenti su tutte le auto termiche, indispensabili per consentire l’avviamento del motore a combustione e il funzionamento dei servizi elettrici. Potrebbe scaturire uno scenario in cui la produzione europea di auto a benzina e Diesel potrebbe subire forti rallentamenti per la mancanza di batterie. Uno dei tanti contrappassi del “Green Deal” che sta scassando in profondità l’economia e la società europea.

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