Debito pubblico: 2006-2024, 18 anni corsa al galoppo

Il governo Meloni si trova a gestire una pesante eredità, culminata con gli effetti del Superbonus 110% M5s-Pd, , specie con i governi tecnici e di sinistra.

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I dati diffusi ieri dalla Banca d’Italia circa il nuovo, poco invidiabile, record del debito pubblico italiano giunto a quota 2.948 miliardi di euro, praticamente 50.000 euro a testa per ogni italiano, dal neonato al vegliardo, sono un fardello da maneggiare con estrema cura, perché rischia di esporre il Paese a tensioni internazionali e a ulteriori costi molto pesanti.

Anche se nell’ultimo anno il debito pubblico è aumentato di un centinaio di miliardi, gran parte della zavorra finanziaria è figlia dei governi tecnici e di sinistra che si sono succeduti dopo l’ultimo governopolitico”, quello a guida Berlusconi, ovvero dal 2011 al 2022, undici anni in cui il debito pubblico è andato al galoppo crescendo di quasi 1.000 miliardi. Undici anni di governi tecnici o nati nelle segrete del Quirinale lontano dal consenso popolare che hanno avuto come pivot, tranne per un anno, il Pd.

Agli inizi degli anni Duemila, il rapporto tra Pil e debito pubblico era sì alto, ma ancora sopportabile. Nel 2006 viaggiava al 106%, per calare al 103% l’anno successivo per poi iniziare una corsa ininterrotta al rialzo fino al 119% del 2011. Da quella data il rialzo ha accelerato sensibilmente, passando in un solo anno al 126% del 2012, al 135% del 2014, con una leggera limatura al 134% dal 2016 al 2019, inerpicandosi al 154% sotto la spinta della pandemia e dei provvedimenti ad uzzolo varati dai governi Conte e Draghi, per poi iniziare una progressiva discesa fino all’attuale 137,8%, destinato a crescere nei prossimi due anni fino al 140% sotto la spinta degli effetti del Superbonus 110%, altra genialata targata M5s-Pd.

Certo, il Paese potrebbe fare ancora meglio se dal Pil arrivasse una spinta più consistente di quella attorno all’1%, arrivando ad eguagliare quella della penisola Iberica attorno al 2-2,5%, magari passando attraverso una migliore correttezza fiscale da parte dei contribuenti che, soprattutto tra le categorie degli autonomi e delle piccole imprese familiari, evidenziano redditi letteralmente da fame, come evidenziano le inchieste condotte da “Il Sole 24Ore” negli ultimi giorni.

Ad una maggiore spinta verso la crescita del Paese, corrisponderebbe un maggiore incremento del gettito fiscale, quello registrato proprio in questi giorni, che ha già fatto godere la ricca compagine delle cicale appollaiate all’interno del Parlamento e del governo Meloni, che inneggiano ad un “tesoretto” da spendere pronta cassa per “acquistareconsenso in vista degli appuntamenti con le regionali dell’autunno 2024 e della primavera 2025.

Se per il debito pubblico il governo Meloni ha tutto sommato responsabilità limitate, al governo Meloni vanno però ricordati i propri obblighi politici oltre che morali verso la riduzione della spesa pubblica corrente, andata oltre la soglia dei 1.000 miliardi di euro all’anno, che finisce con l’alimentare il nuovo debito pubblico. E’ comprensibile che tagliare la spesa pubblica significa in qualche modo tagliare le grinfie di qualcuno o di qualche settore politicamente tutelato ora da questo ora da quel partito o corrente, ma Meloni ha l’occasione per passare alla storia della Nazione, oltre che per essere la prima donna a guidarla, per giunta di destra, anche per avere dimostrato di avere la stoffa di uno statista, di quei politici che il panorama italiano non ha più incrociato negli ultimi trent’anni almeno.

Si cimenti Meloni da prima donna della grande famiglia Italia e inizi a fare economie, risparmiando sulle centinaia di rivoli già censiti e catalogati che alimentano inutili sprechi, imponendo a tutti i centri di spesa, nazionali e locali, i costi standard – basti il classico esempio della siringa che moltiplica il suo costo di decine di volte passando dall’ente più virtuoso a quello più pasticcione, pur sempre essendo lo stesso identico prodotto -, a qualificare in modo trasversale le responsabilità dei vari dirigenti e capi area, erogando loro i premi di risultato solo dietro la puntuale dimostrazione dei risultati ottenuti e non in via automatica come ormai è diventata la norma.

E a quei partiti e leader che continuano l’andazzo dello scialo, Meloni abbia il coraggio di sparigliare, se necessario: piuttosto di continuare a vivacchiare galleggiando, logorandosi e lasciando incancrenire i problemi senza affrontarli e risolverli, punti ad un nuovo mandato popolare. Gli elettori sapranno riconoscere il merito premiando il coraggio e la trasparenza con cui li si affronta, dando la giusta mercede a coloro che vorrebbero utilizzare i soldi pubblici per fini clientelari.

 

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