Scenario di recessione in Europa sempre più concreto

La forte frenata della Germania (con Pil negativo nel II semestre 2024) e della Francia, gli alti tassi d’interesse Bce e le tensioni internazionali aprono ad una seconda metà 2024 in calo.

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Scenario di recessione

L’economia dell’Euroarea vira sempre più verso scenario di recessione complice l’andamento negativo dell’economia tedesca, che chiude il secondo trimestre 2024 con il Pil negativo, che rischia di ripetersi anche nel terzo certificando la recessione tecnica, la seconda quasi consecutiva dopo quella di fine 2023, la Francia anch’essa in calo, e un’Italia dove la produzione manufatturiera continua a mantenere da 14 mesi un andamento in calo: servirebbe un colpo di reni da parte della Banca centrale europea, per evitare la virata in negativo.

Un po’ di slancio potrebbe giungere dalla Germania, che potrebbe tranquillamente permettersi di allargare un po’ la spesa pubblica interna in vista del bilancio federale 2025, dove oggi la politica è in un cul de sac per un buco di soli 8 miliardi di euro, figlio dei tanti, troppi, tollerati a livello europeo trucchetti – ma meglio sarebbe definirli veri e propri falsi – di bilancio sgamati dalla Corte costituzionale federale, che solo nel 2023 ha bloccato 60 miliardi di spesa del governo tedesco, che ha dovuto tagliare in fretta e furia spese per analoga cifra essendo impossibilitato per legge ad aumentare il debito pubblico federale che naviga attorno al 60% del Pil contro il 143% di quello italiano e oltre il 100% di quello francese.

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Lo scenario di recessione è legato a doppio filo anche alla politica dei tassi, prima tenuti troppo bassi, poi rapidamente rialzati con il risultato di avere frenato troppo l’economia, ed infine non abbassati quando l’andamento della produzione sta rallentando da troppo tempo: più che stare a guardare l’andamento dell’economia europea ed internazionale, il presidente della Bce, la francese Christine Lagarde, dovrebbe darsi il coraggio di anticipare gli scenari economici, allargando i cordoni dei tassi che, a furia di tenerli troppo stretti, rischia di castrare definitivamente l’economia europea. Alti tassi che fino ad oggi hanno fatto felici solo le banche e le istituzioni finanziarie che hanno chiuso il 2023 con bilanci storici e la semestrale 2024 annuncia per molte realtà finanziarie clamorosi bis, con i vari amministratori delegati che pregustano altri lauti banchetti personali grazie ai benefit plurimilionari collegati alle loro remunerazioni.

A livello italiano, paradossalmente, le cose stanno andando un po’ meglio, con un’economia che riesce a galleggiare in area positiva con un tendenza alla leggera crescita, con uno scenario di recessione ancora lontano, ma con chiari segnali di rallentamento vuoi sull’onda del rallentamento generalizzato dei principali mercati di sbocco della manifattura italiana, specie quella del Nord fortemente integrata con quella tedesca, con il rischio che la situazione possa rapidamente peggiorare, specie ora che si deve disegnare una Finanziaria 2025 dove mancano parecchi miliardi di euro per la quadratura dei conti. Conti che risentono della necessità politica di confermare i tagli del cuneo fiscale e la riduzione degli scaglioni fiscali, che necessitano di circa 25 miliardi, oltre ad alcune spese obbligate derivanti dal pagamento degli interessi sul debito pubblico e degli obblighi internazionali per un’altra decina di miliardi.

Più che pensare a tassazioni addizionali su extraprofitti – immemori dei clamorosi flop degli anni scorsi e le difficoltà a coprire i relativi buchi di bilancio -, il governo italiano farebbe meglio ad attuare una seria politica di revisione della spesa pubblica, che non è una bestemmia politica, ma una mera necessità per ridurre parte di quella gigantesca spesa corrente gonfiatasi negli ultimi anni ad oltre 1.000 miliardi, oltre che per pagare la spesa sugli interessi del debito pubblico, altri 100 miliardi all’anno, ormai lanciato a superare la soglia dei 3.000 miliardi.

 

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