Inaugurata “Le cör dla ćiasa”, mostra sulla stube in Val Badia

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Stube a Pransarores Badia Foto Alfred Erardi
Stube a Pransarores Badia Foto Alfred ErardiEsposizione al Museum Ladin Ćiastel de Tor di San Martino in Badia

Per secoli stanza principale della casa nelle valli ladine e in tutto il Tirolo, la “stube” è ora protagonista della mostra temporanea “Le cör dla ćiasa- La stube in Val Badia”, allestita al Museum Ladin Ćiastel de Tor di San Martino in Badia con ingresso libero.

La “stube” interamente rivestita in legno, deve il suo nome alla grande stufa in calce di cui è dotata, che la rende l’unico ambiente riscaldato della casa: come il suo equivalente ladino “stüa”, la parola “stube” è imparentata con quella italiana “stufa”. Cuore della casa e della vita familiare, è paragonabile al salotto.

Temi portanti della mostra sono l’evoluzione architettonica della stube, gli oggetti che la caratterizzano, le usanze e i riti ad essa legati. L’esposizione li affronta attraverso immagini, testi, oggetti, documenti originali e alcune stazioni interattive. Manca invece una ricostruzione uno a uno di una tipica “stube” ladina – tra l’altro già presente al Ćiastel de Tor – in quanto l’intento è, piuttosto, porre sotto la lente d’ingrandimento i singoli elementi di un tale ambiente.

Una documentazione fotografica di 40 “stube” della Val Badia, da quelle più antiche del XVI secolo a quelle un po’ più recenti del XIX, costituisce la base del percorso sullo sviluppo architettonico di questa stanza. Da segnalare che la prima fonte documentaria dove si parla di una “stupa” (Stube) in Alto Adige risale al 1194. Alcune delle Stube raffigurate – molte delle quali presentate al pubblico per la prima volta – sono state scelte perché sotto tutela dell’Ufficio Beni culturali, altre invece su segnalazione. Realizzata dal fotografo Alfred Erardi, la serie di immagini è accompagnata da testi redatti Helmut Stampfer, professore di Storia dell’arte all’Università di Innsbruck.

Stube a Piccolino San Martino in Badia Foto Alfred ErardiLa mostra del Museum Ladin si concentra sugli elementi fissi della “stube”. In primo luogo, naturalmente, la stufa con panca e cuccetta (il “punt de furn” in ladino), luogo ideale per riscaldarsi. O il cosiddetto “angolo sacro”, crocifisso circondato solitamente da immagini sacre del Cuor di Gesù, di Maria e da santini che troneggia sopra il tavolo. E, ancora, l’immancabile orologio a pendolo, armadietti e credenze di diverso formato, il rivestimento in legno (“tafladöra”) e le classiche finestre, sempre piccole per non disperdere il calore. L’esposizione li passa in rassegna proponendo diversi esemplari originali, spiegati dai pannelli a cura dell’etnografo Hans Grießmair. A molti di questi oggetti erano associate abitudini famigliari: ad esempio, la panchina della stufa era strettamente riservata al capofamiglia. La “stube”, unica stanza calda della casa, soprattutto d’inverno si trasformava anche in laboratorio. Le donne vi filavano e tessevano la lana, vi si sbatteva la panna con la zangola (la “pëgna”) per trasformarla in burro, e due volte all’anno vi si preparava il pane, che lievitava nella “stube”. Essa era anche lo spazio dove artigiani itineranti – arrotini, conciabrocche, calzolai – svolgevano le loro mansioni. In Val Badia – ma non solo – la “stube” era così lo scenario di mestieri, usanze e riti, protagonisti della sezione antropologica della mostra.