Materie prime critiche: in Italia molti potenziali giacimenti

Ora se ne estraggono solo 2. Per Ispra possibili nuove miniere in gran parte del paese.

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Materie prime critiche

In Italia si estraggono soltanto 2 delle 34 materie prime critiche come il feldspato e la fuorite. Nel Paese esistono numerosi giacimenti di altre materie prime critiche per le transizioni verde e digitale, che potrebbero essere sfruttati per ridurre la dipendenza dall’estero: litio, rame, manganese, tungsteno, cobalto, magnesite, titanio, bauxiti, stronzio, barite, grafite. Mentre altre materie prime critiche potrebbero arrivare dal riciclo degli scarti delle vecchie miniere: 150 milioni di metri cubi di materiali, che oggi sono spesso rifiuti inquinanti.

I dati sono contenuti nell’archivioGemma” realizzato da Ispra sulle terre rare e materie prime critiche. La banca dati rappresenta il punto di partenza per l’elaborazione del programma minerario nazionale, imposto dalla Ue quest’anno con il regolamentoCritical Raw Materials Act”.

Sono 76 le miniere ancora attive in Italia, e di queste 22 sono di materiali che rientrano nell’elenco delle 34 materie prime critiche dell’Ue. In 20 di queste, si estrae feldspato, minerale essenziale per l’industria ceramica e in 2 la fluorite (nei comuni di Bracciano e Silius), che ha un largo uso nell’industria dell’acciaio, dell’alluminio, del vetro, dell’elettronica e della refrigerazione. Secondo Ispra, i permessi di ricerca in corso, i dati sulle miniere attive in passato e quelli sulle ricerche pregresse e recenti, documentano la potenziale presenza di varie materie prime critiche e strategiche.

Depositi di rame sono già noti nelle colline metallifere, nell’Appennino ligure-emiliano, nelle Alpi occidentali, in Trentino, in Carnia ed in Sardegna. In diversi siti è stato estratto manganese, soprattutto in Liguria e Toscana. Il tungsteno è documentato soprattutto in Calabria, nel Cosentino e nel Reggino, nella Sardegna orientale e settentrionale e nelle Alpi centro-orientali.

Il cobalto è documentato in Sardegna e Piemonte, la magnesite in Toscana e i sali magnesiaci nelle Prealpi venete. Nel Savonese c’è un giacimento di titanio nel Parco del Beigua, il cui sfruttamento è stato impedito per ragioni ambientali, ma che moderne tecniche di estrazione potrebbero anche superare. Le bauxiti, principale minerale per l’estrazione di alluminio, materiale di cui proprio in questi mesi è scattato l’allarme approvvigionamento denunciato da molte industrie costrette a lavorare a ritmo ridotto, sono localizzate in quantitativi modesti in Appennino centrale, ma più consistenti in Puglia e soprattutto nella Nurra (Sassari, Sardegna), nella miniera di Olmedo. Le bauxiti contengono possibili quantitativi sfruttabili di terre rare, come pure i depositi di fluorite.

Possibili depositi di celestina, principale minerale dello stronzio, sono documentati nelle solfatare siciliane, soprattutto del Nisseno. La presenza di litio è nota nelle pegmatiti dell’Isola d’Elba, del Giglio e di Vipiteno, ma è la recente scoperta di importanti quantitativi di litio nei fluidi geotermici tosco-laziali-campani a rivestire un’ottima opportunità di estrazione a basso impatto ambientale. Sette permessi di ricerca sono stati rilasciati dalla Regione Lazio ed inseriti nel database, insieme agli altri attualmente vigenti.

Tra i materiali critici non metalliferi, depositi significativi di barite, importante minerale per l’industria cartaria, chimica e meccanica, sono localizzati nel Bergamasco, nel Bresciano ed in Trentino. Di fondamentale interesse per la nuova tecnologia sono i depositi di grafite, precedentemente estratti per coloranti, lubrificanti e per la fabbricazione delle matite. I depositi noti sono localizzati nel Torinese (attualmente interessati da due permessi di ricerca), nel Savonese e nella Sila.

In Italia le pregresse attività minerarie hanno lasciato un’eredità di circa 150 milioni di metri cubi di scarti di lavorazione (rifiuti estrattivi). Da rifiuti inquinanti da bonificare diventano potenziale risorsa da recuperare, così come tante discariche urbane dove fino ad una ventina di anni fa venivano smaltiti anche molti apparecchi elettronici ed elettrici da cui si potrebbero estrarre facilmente molti altri materiali.

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