Economia manufatturiera in frenata secondo il CSC e Bankitalia

Il centro studi Confindustria vede la produzione industriale stabile ma con aspettative in peggioramento. Per la Banca d’Italia frenata per investimenti, prezzi vendita e occupazione.

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La seconda metà del 2024 è all’insegna del rallentamento per l’economia manufatturiera italiana, con il Centro studi Confindustria e la Banca d’Italia allineate sulla perdita di colpi del ritmo di crescita nazionale.

Secondo le aspettative delle grandi imprese industriali associate a Confindustria, la produzione rimarrà stabile a giugno. Tuttavia, aumenta il rischio percepito di un peggioramento: la percentuale di imprese che si aspettano una contrazione della produzione sale al 12,7% dal 6,2%, mentre la quota di quelle che si aspettano un miglioramento scende al 33,4% dal 45%. Per il campione di imprese intervistate, domanda e ordini continueranno a essere il principale fattore di traino per la produzione. Le aspettative sui costi di produzione nei prossimi mesi invece rimangono negative.

In dettaglio dell’indagine sull’economia manufatturiera, il 53,9% del campione delle grandi aziende industriali associate a Confindustria ritiene, che la produzione rimarrà invariata, dal 48,8% della rilevazione di maggio. Anche guardando alla dinamica trimestrale, le imprese sono diventate più pessimiste rispetto all’inizio dell’anno: nel secondo trimestre 2024, infatti, rispetto al primo, è calata di 7,4 punti percentuali la quota di imprese che vedono un miglioramento della produzione; al contrario è salita di 7,1 punti la percentuale di imprese che prospettano una contrazione della produzione.

I giudizi sulle condizioni finanziarie si riconfermano positivi per il secondo mese consecutivo, anche se il saldo si avvicina allo zero (da 0,7% a 0,1% a giugno). Resta negativo il saldo relativo alla disponibilità di materiali (-3,5% da -3,3%). Torna positivo, invece, il saldo relativo alla disponibilità di impianti, dopo tre mesi di aspettative negative: 0,1% per la rilevazione di giugno.

Segnali di virata al rallentamento per l’economia manufatturiera anche per la Banca d’Italia, secondo cui «per il 2024 le imprese prefigurano un rallentamento degli investimenti, dei prezzi di vendita e dell’occupazione». In particolare, «le imprese prefigurano per il 2024 un lieve incremento del volume delle vendite (0,2% nel complesso; 1,0 nella manifattura e -0,6 nei servizi). I prezzi continuerebbero a rallentare: la loro crescita sarebbe in media pari al 2,3% (2% nell’industria in senso stretto e 2,5% nei servizi) e solo metà delle imprese li aumenterebbe di almeno il 2%. L’espansione degli investimenti proseguirebbe a un ritmo inferiore al 2023 (0,8%): alla crescita nei servizi, soprattutto tra le imprese grandi, si contrapporrebbe un calo pronunciato nella manifattura, in particolar modo tra le imprese piccole e medie».

La dinamica dell’occupazione «rimarrebbe positiva in tutti i settori e in tutte le macroaree geografiche, con un aumento complessivo del numero di occupati dell’1,6%. Quasi un’impresa su cinque si attende di sperimentare un’insufficienza significativa di manodopera nel 2024, in particolare nei settori ricettivi, della logistica e della metalmeccanica. Le imprese di costruzione».

Nel settore delle costruzioni, «dopo un triennio di crescita sostenuta, le imprese si aspettano un moderato calo della produzione nel 2024 (-0,4% in volume); la contrazione riguarderebbe in prevalenza le imprese di dimensione piccola e media e l’edilizia privata, a fronte di un aumento dell’attività nelle opere pubbliche (9%). Nel 2024 si attenuerebbe la spinta del Superbonus: ne usufruirebbe ancora il 39% delle imprese operanti nel settore residenziale, ma per quasi tre su quattro l’incentivo interesserebbe meno di un terzo della produzione. Per il 2024 si prefigura un’ulteriore espansione del numero di occupati nell’edilizia (2%)».

I dati dei due autorevoli centri di analisi dell’economia nazionale mettono il governo Meloni sulla necessità di calibrare attentamente la manovra finanziaria 2025, che necessita di almeno 21 miliardi per confermare gli sgravi decisi dalla finanziaria 2024 (taglio del cuneo contributivo fino a 35.000 euro e la riduzione da 4 a 3 degli scaglioni fiscali), oltre a una cinquantina di miliardi almeno per centrare gli obiettivi del piano di risanamento del debito pubblico stabilito dall’Unione europea, soldi che vanno esclusivamente trovati nel taglio della spesa pubblica perché la leva fiscale e del nuovo debito pubblico è preclusa.

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