L’indagine della Commissione europea avviata qualche mese fa per accertare l’esistenza di comportamenti commerciali sleali delle case automobilistiche cinesi sul mercato europeo ha evidenziato fenomeni generalizzati di concorrenza sleale favoriti dai forti incentivi pubblici all’esportazione erogati dal governo cinese per tenere elevata la produzione interna, anche se il mercato locale ha rallentato i consumi, con la necessità di applicare dazi alle auto elettriche cinesi.
Secondo la Commissione europea i dazi sulle auto elettriche cinesi sono giustificate perché i produttori stanno beneficiando di sovvenzioni ingiuste che stanno causando una minaccia di danno economico ai produttori europei di veicoli elettrici. L’indagine ha inoltre esaminato le probabili conseguenze e l’impatto delle misure su importatori, utenti e consumatori di veicoli elettrici nell’UE.
Per arrivare a comuni regole sui mercati europei e cinesi, oltre alla reciprocità di trattamento, la Commissione europea ha aperto un canale di dialogo con le autorità cinesi per discutere i risultati dell’indagine ed esplorare possibili modi per risolvere le questioni individuate in modo compatibile con l’Organizzazione Mondiale del Commercio.
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Se «le discussioni con le autorità cinesi non portassero ad una soluzione efficace – spiega la Commissione Ue – sono stati definiti dazi compensativi sulle importazioni di veicoli elettrici a batteria dalla Cina che verrebbero introdotti a partire dal 4 luglio mediante una garanzia» e che «verrebbero riscossi solo se e quando verranno istituiti dazi definitivi».
In dettaglio i livelli di dazi alle auto elettriche cinesi che la Commissione applicherebbe ai tre produttori inclusi nel campione sarebbero del 17,4% per BYD, del 20% per Geely e del 38,1% per SAIC. Altri produttori di BEV in Cina, che hanno collaborato all’inchiesta, ma non sono stati inclusi nel campione, sarebbero soggetti al dazio medio ponderato del 21%, mentre tutti gli altri produttori di BEV in Cina che non hanno collaborato all’inchiesta sarebbero soggetti al dazio del 38,1%. Questi dazi si aggiungerebbero all’esistente 10% su tutti i veicoli cinesi in ingresso sul mercato europeo., contro una forchetta di 15-25% di dazi gravante sui veicoli prodotti in Europa esportati sul mercato cinese.
La decisione della Commissione è per il momento provvisoria e sarà rivista al prossimo novembre, quando il provvedimento, in caso di mancato accordo con la Cina, potrà essere reso definitivo per cinque anni.
Il provvedimento è stato giudicato positivamente dal ministro delle Imprese italiano, Adolfo Urso: «saluto con soddisfazione l’annuncio che la Commissione ha fatto oggi dei dazi sull’ingresso delle auto elettriche cinesi in Europa per tutelare la produzione europea nella consapevolezza che abbiamo anche noi la possibilità di riaffermare in Italia l’industria automobilistica italiana, uno dei settori trainanti dello sviluppo industriale del nostro Paese a cui non vogliamo assolutamente rinunciare». Sulla stessa linea di Urso, le categorie economiche italiane.
Ma il governo tedesco non pare pensarla allo stesso modo: per il ministro ai trasporti Volker Wissing, «i dazi punitivi della Commissione europea colpiscono le aziende tedesche e i loro prodotti di punta. I veicoli devono diventare più economici attraverso una maggiore concorrenza, mercati aperti e condizioni di localizzazione significativamente migliori nell’Ue, non attraverso guerre commerciali e compartimentazione del mercato».
Strillano anche le case europee che o hanno una forte presenza di capitale cinese nel loro azionariato, o che ricavano quote importanti del loro fatturato globale sul mercato cinese. Per l’amministratore delegato del colosso automobilistico tedesco Mercedes-Benz, Ola Kaellenius, «il commercio mondiale giusto e soprattutto libero è molto importante, stimola l’innovazione la crescita. Ciò di cui non abbiamo bisogno come nazione esportatrice è l’aumento delle barriere commerciali. E in una guerra commerciale tra Ue e Cina, i perdenti saremo sicuramente noi».
Da parte del governo cinese, il ministro al commercio ha esortato l’Ue «a correggere immediatamente le sue pratiche sbagliate e ad affrontare adeguatamente le frizioni economiche e commerciali attraverso il dialogo e la consultazione. La Cina monitorerà attentamente le mosse successive dell’Ue e adotterà con determinazione tutte le misure necessarie per difendere con fermezza i diritti e gli interessi legittimi delle imprese cinesi».
Intanto, una buona notizia per il comparto automotive europeo viene dal mercato e dalle case costruttrici che paiono essersi riprese dalla sbornia elettrica. L’alleanza ACC nata tra Stellantis, Mercedes–Benz e TotalEnergies per produrre batterie nel sito produttivo di Termoli in Molise per sostituire la produzione degli attuali motori termici ha deciso il congelamento dei piani d’investimento, mentre Stellantis rilancierà sulla produzione a Termoli di motori termici. Lo stesso hanno annunciato molte case costruttrici tedesche sull’onda del crollo di auto elettriche dopo la fine degli incentivi, spostando gli investimenti programmati sulle batterie sui motori termici. Pure General Motors dimezza le sue previsioni di vendita di veicoli a batteria rilanciando sui motori termici.
Uno delle prime decisioni che spetteranno al nuovo Europarlamento è abolire da subito, senza aspettare il 2016, il divieto al 2035 di vendere auto nuove con motore termico sul mercato europeo, rilanciando il settore motoristico europeo e sostenendo la diffusione dei nuovi carburanti a basso tasso di emissioni.
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