Oggi, lunedì 3 giugno, è un gran giorno perché cade il “Giorno di liberazione fiscale” con ben un giorno di anticipo rispetto al 2023: da oggi, gli italiani in regola con il fisco, dopo 154 giorni, sabati e domeniche compresi, trascorsi a lavorare per adempiere la miriade di tasse, balzelli, tributi, contributi, ecc., potranno finalmente lavorare per sé stessi e le loro famiglie.
Il “Giorno di liberazione fiscale” è una ricorrenza che, grazie all’annuale elaborazione effettuata dall’Ufficio studi della CGIA, per molti italiani è il raggiungimento di un traguardo importante, anche se puramente simbolico. Siano essi partite Iva, lavoratori dipendenti, pensionati o imprese.
Dopo avere versato al fisco e alle sue varie branche 909,7 miliardi di euro per adempiere ai versamenti fiscali previsti per il 2024 (Irpef, Imu, Iva, Irap, Ires, addizionali varie, contributi previdenziali/assicurativi, etc.), quest’anno il “Giorno di liberazione fiscale” arriva un giorno prima, anche se da calendario sono due, poiché il 2024 è un anno bisestile.
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Come ha fatto l’Ufficio studi della CGIA a stabilire che il 3 giugno è il “Tax freedom day” italiano del 2024? La stima del Pil nazionale prevista quest’anno è di 2.163 miliardi di euro ed è stata suddivisa per 366 giorni, ottenendo così un dato medio giornaliero pari a 5,9 miliardi di euro. Di seguito, sono state “recuperate” le previsioni di gettito delle entrate e dei contributi sociali che i percettori di reddito verseranno quest’anno allo Stato che ammonteranno a 909,7 miliardi di euro. Pertanto, questo ultimo importo è stato rapportato al Pil giornaliero, ottenendo così il “Giorno di liberazione fiscale” del 2024 che scatta dopo 154 giorni dall’inizio dell’anno, ovvero il 3 giugno.
Se per coloro che le tasse le pagano fino all’ultimo centesimo il “Giorno di liberazione fiscale” è una scadenza da festeggiare, per chi non le paga o lo fa solo sporadicamente è, ovviamente, un giorno come un altro, visto che per circa 2,8 milioni di lavoratori completamente o parzialmente irregolari presenti in Italia che omettono di versare una parte delle imposte e dei contributi previdenziali, violando così le norme fiscali e contributive, ogni giorno è un “Giorno di liberazione fiscale”.
In termini assoluti le regioni che ne contano di più lavoratori irregolari sono quelle maggiormente popolate: la Lombardia con 439.500 unità, il Lazio con 366.200 e la Campania con 308.200 sono le realtà territoriali dove il “nero” abbonda maggiormente. Se, invece, si fa riferimento al tasso di irregolarità, le regioni del Mezzogiorno sono quelle più interessate da questa piaga economica/sociale. La Calabria, ad esempio, presenta una quota del 19,6%, la Campania del 16,5%, la Sicilia del 16% e la Puglia del 14,4%. La media italiana si attesta sull’11,3%.
Secondo quanto riportato nel Documento di Economia e Finanza, la pressione fiscale nel 2024 è stimata al 42,1% del Pil, in diminuzione di 0,4 punti rispetto alla soglia toccata nel 2023. Questo risultato è ascrivibile al fatto che il Pil nominale è destinato a crescere (+3,7%) più velocemente dell’incremento del gettito fiscale (+2,6%). Pertanto, la pressione fiscale è attesa in diminuzione. Si ricorda, infatti, che la stessa è data dal rapporto tra il gettito fiscale e il Pil nominale.
L’incremento del gettito del 2,6% rispetto al 2023 dipende da una pluralità di fattori: il primo è legato alla crescita economica (+1% circa nel 2024); il secondo alla crescita delle retribuzioni, grazie ai rinnovi contrattuali, alla corresponsione degli arretrati nel pubblico impiego e all’aumento dell’occupazione. Più contenuto, invece, è l’impatto sulle entrate riconducibile agli inasprimenti fiscali previsti per quest’anno, come la maggiore tassazione sui tabacchi, l’incremento dell’Iva su alcuni prodotti per l’infanzia, l’igiene femminile e alle riaperture dei termini per la rivalutazione e il pagamento dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione dei terreni e delle partecipazioni.
Infine, hanno sicuramente condizionato il risultato finale anche le misure che nel 2024 hanno alleggerito il prelievo fiscale sugli italiani, come la riduzione dell’Irpef, tramite l’eliminazione del secondo scaglione di reddito (minor prelievo pari a circa 4,2 miliardi di euro) e il “bonus mamme”, con l’esonero contributivo per le lavoratrici dipendenti con due figli.
Al netto dei contributi previdenziali, se si analizza il gettito 2021 delle principali imposte versate in termini assoluti dai contribuenti di ciascuna regione, quelle che versano di più al fisco sono la Lombardia con 87,9 miliardi di euro, il Lazio con 43,5, l’Emilia Romagna con 34,2 e il Veneto con 33,8. Ovviamente, questi risultati risentono del fatto che queste realtà sono tra le più popolate d’Italia, i livelli di reddito sono tra i più elevati del Paese e la presenza del sistema economico è concentrato proprio in questi territori.
Comunque sia, l’Italia continua a rimanere tra i grandi paesi europei dove il peso fiscale è maggiore. La pressione fiscale è più alta in Francia (45,8%) del Pil, Belgio (45,3%), Danimarca (44,5%) e Austria (42,9%). In Italia la pressione è al 42,5%. Tra i 27 paesi dell’Unione europea, l’Italia si è “piazzata” al V posto. La Germania, invece, si è posizionata al X posto con una pressione fiscale del 40,6% e la Spagna al XIII con il 37,8%. La media dei Paesi europei è stata del 40,3%, 2,2 punti in meno della media italiana.
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