Vita e morte dell’albero di Natale e il Presepio

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L’albero di Natale, il tradizionale abete rosso che utilizziamo durante le feste, è diventato nell’immaginario collettivo, una delle diverse rappresentazioni, assieme al Presepe, del Natale cristiano. Mentre il Presepe ha una tradizione millenaria che qualcuno colloca attorno all’ottavo secolo, l’albero di Natale ci proviene dall’Europa centrale e precisamente dalla Germania.

 

Il Presepe è strettamente legato alle manifestazioni religiose che si svolgevano nelle chiese tra dicembre e gennaio per ricordare ai fedeli la nascita di Gesù. Altra storia è quella legata alla Stella Cometa che appare sullo sfondo, che simboleggia l’annuncio celeste della nascita del figlio di Dio. Essa non fu contemporanea alla nascita del Presepe ma fu utilizzata molto più tardi, qualcuno dice a partire dal 1352. L’abete rosso invece, come simbolo dell’inverno e delle festività natalizie, fu usato per la prima volta nel 1535, quando un falegname della Foresta Nera che lambisce Friburgo, tale Hans Friedman, lo ideò come luogo dove depositare i regali per familiari e amici.

Oggi esistono alcune persone che criticano, anche se per motivi diversi, la collocazione di questi simboli nelle case e negli edifici pubblici. Sorvoliamo sulla questione recentissima della messa in discussione del Presepio, che attiene maggiormente alle trasformazioni etniche che stanno avvenendo in Italia e nel Veneto, anche se occorre dire che il Presepio meglio si addice, per i credenti a rappresentare l’evento religioso più importante della cristianità.

Il grido d’allarme per i piccoli alberelli ci è arrivato tempo fa da una guardia forestale che, giustamente, faceva notare come sono brutti da vedere tutti questi abeti rossi che spuntano qua e là nei nostri giardini o sulle prime pendici dei Colli Euganei. Dunque, una strage annunciata vista la precarietà dell’apparato radicale degli abeti rossi, coltivati appositamente per ornare le nostre case durante le feste invernali. Se ci pensiamo bene è possibile che molte persone, sinceramente vocate alla conservazione dell’ambiente naturale dei Colli Euganei e non solo, si rattristino al pensiero che, centinaia di migliaia di abeti rossi, così si chiamano gli alberelli di Natale, vengano bruciati o peggio ancora reimpiantati nei Colli e nei giardini di casa. Molti muoiono subito dopo il reimpianto perché stressati dal caldo eccessivo delle nostre case e dalla scarsità dell’apparato radicale o per la mancanza d’acqua. Ma alcuni, nonostante tutto, sopravvivono e crescono in un habitat innaturale per loro. E il risultato è visibile guardando le pendici dei nostri monti punteggiate qua e là da questi abeti che stonano enormemente nel nostro paesaggio collinare. Peggio sarebbe comunque utilizzare gli alberelli di plastica, così freddi e anonimi e senza il profumo della resina. Inoltre essi sono difficili da smaltire e in ogni caso generatori di inquinamento. Insomma, è inutile usare mezzi termini, torniamo al Presepio, magari con le statuine di gesso e non di plastica e tutt’attorno mettiamoci i regali, non troppi per carità.

Gianni Genghini
Associazione Ambiente e Società, Circolo Embera Katio Teolo (Pd)