Allarme Superbonus e le responsabilità del Giorgetti di oggi e di ieri

L’odierno ministro delle Finanze lo paragona alla tragedia del Vajont. Ma l’allora ministro allo Sviluppo economico non fece nulla per prevenire il dramma odierno dei conti pubblici.

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Allarme Superbonus

L’allarme Superbonus ha superato il livello di guardia, con il continuo crescere della spesa ad oltre 219 miliardi e gli effetti tragici sui conti pubblici, paragonabili a quelli della frana del Vajont, secondo l’attuale ministro all’Economia, il leghista Giancarlo Giorgetti che, era quello stesso Giorgetti ministro allo Sviluppo economico del governo Draghi, quello dei “migliori”, con dentro praticamente tutti tranne Fratelli d’Italia, salvo che allora Giorgetti non fece nulla per contenere l’imminente tragedia finanziaria. Anzi: tutti i partiti, da Movimento 5 stelle al Pd, passando per la Lega Salvini, Forza Italia, Italia Viva, sinistre varie si comportarono come gli invitati al viaggio inaugurale del Titanic, continuando a ballare spensieratamente sui conti pubblici cullati dalla “pioggia di miliardi” del Pnrr che stava arrivando.

Peccato che la realtà a naufragio già in corso sia ben diversa e quello stesso Giorgetti mero osservatore di ieri oggi sia colui che deve arrangiarsi per cercare di tenere a galla quanto resta dei conti pubblici, perché la deflagrazione del Superbonus sta facendo danni ovunque, dal bilancio pubblico a quello dei privati, con quest’ultimi giustamente ancora più allarmati dello stesso Giorgetti.

L’ultima proposta in ordine di tempo per ridimensionare l’allarme Superbonus è lo spalmare i crediti su 10 anni anziché in 4. Con questa mossa che il governo Meloni prova a mettere un nuovo argine all’impatto inarrestabile della maxi agevolazione sul debito pubblico ideata dal governo Conte 2 (M5s e Pd e sinistre varie), poi confermata da quello Draghi con dentro tutti i partiti tranne Fratelli d’Italia. Stop anche alle deroghe che i parlamentari vorrebbero approvare anche a scopo elettorale, promette il ministro Giorgetti.

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Dinanzi alla prospettiva dell’allungamento dei tempi di compensazione dei crediti del Superbonus da 4 a 10 anni, i costruttori di Ance e le banche dell’Abi sono in fibrillazione, ammonendo che il provvedimento non sia retroattivo o l’effetto sarà «devastante» sui conti delle imprese e delle banche.

L’ennesima variazione in tema di allarme Superbonus l’ha portata direttamente Giorgetti partecipando ai lavori della commissione Finanze del Senato dove è in discussione il decreto sul superbonus. L’obbligo di spalmare i crediti del Superbonus in 10 anni «non sarà una possibilità ma un obbligo» annuncia il ministro.

Dopo che il governo Meloni è già intervenuto quattro volte (l’ultima con questo provvedimento) per rimediare agli sfracelli del Conte 2 e del Draghi, serve ora un’ulteriore stretta. Con un macigno di crediti da bonus edilizi da oltre 219 miliardi (di cui 160 per il Superbonus) che pesa sui conti pubblici, non ci sono alternative. Spalmare i crediti su 10 anni consentirà di estendere l’impatto sul debito dal periodo 2024-27 al decennio successivo, ha stimato l’Ufficio parlamentare di bilancio, «con conseguente riduzione dell’effetto annuo aggiuntivo del periodo iniziale» e «un corrispondente aumento dell’effetto annuo nel periodo residuo 2028-2033».

Per la presidente dei costruttori di Confindustria, Federica Brancaccio, lo scenario è inquietante: «aspettiamo di vedere il testo. Giorgetti ha detto che “nessun provvedimento può essere retroattivo”, ma se così fosse avrebbe un impatto devastante su imprese, banche e cittadini».

Il rischio, rincara la dose una nota congiunta dei costruttori dell’Ance insieme all’Abi, è minare la fiducia: bisogna invece «dare certezza». Un timore che agita anche le imprese artigiane, con la Cna che esprime «forte preoccupazione» sulle novità annunciate e parla di «misure penalizzanti» per le imprese del settore già in difficoltà.

L’allungamento dei tempi di rientro dei crediti del Superbonus potrebbe comportare maggiori costi del 15% che rimarrebbero in capo alle imprese e alle banche, con problemi si sostenibilità nei bilanci specie per le prime e soprattutto per le Pmi edili, notoriamente non fortissime sul fronte della solidità finanziaria.

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