Pressione fiscale in crescita: passa dal 42,1% del 2024 al 42,4% del 2025

Secondo Unimpresa, in quattro anni 100 miliardi di prelievo in più. Per l’Ocse il cuneo fiscale per un single supera il 45%, contro una media del 34,8%.

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La pressione fiscale in Italia è destinata a salire ancora: se, nel 2024, il peso delle tasse rispetto al prodotto interno lordo si fermerà al 42,1%, nei prossimi anni aumenterà sistematicamente. Nel 2025 si arriverà al 42,4%, nel 2026 al 42,2% e poi ancora un altro aumento al 42,3% nel 2027, quando nelle casse dello Stato entreranno quasi 100 miliardi di euro in più rispetto al 2023: l’incasso totale passerà da 996 miliardi del 2023 a 1.094 miliardi del 2027.

Le stime del governo contenute nell’ultimo Documento di economia e finanza, analizzato dal Centro studi di Unimpresa, dimostrano che gli interventi del governo in campo tributario finora attuati non consentiranno di ridurre il peso delle tasse che grava su cittadini e imprese. Ma nemmeno le misure programmate sono destinate a sforbiciare la pressione fiscale.

Tant’è che il volume delle entrate, in valori assoluti, resterà a livelli altissimi: rispetto ai 996 miliardi del 2023, il gettito dello Stato, tra imposte e contributi vari, salirà a quota 1.011 miliardi nel 2024, a 1.054 miliardi nel 2025, a 1.079 miliardi nel 2026 e a 1.094 miliardi nel 2027. Nell’arco di quattro anni, dunque, si assisterà a una crescita del gettito pari al 9,8%.

«Siamo delusi, perché riteniamo la riduzione della pressione fiscale un punto imprescindibile del piano del governo per poter mettere il Paese nelle condizioni di crescere, sul piano economico, a un ritmo più robusto rispetto alle previsioni da prefisso telefonico – commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora -. Noi siamo convinti che qualcosa si possa fare, magari agendo sul versante della spesa, per poter trovare le risorse necessarie. La prossima settimana il Consiglio dei ministri esaminerà una serie di provvedimenti fiscali, per intervenire sull’Irpef e ridurla: è una occasione formidabile per cambiare passo».

Lo sbilancio tra entrate e uscite del bilancio nazionale oscilla da 155 miliardi a 171 miliardi. Una situazione assai pericolosa che porta a generare un indebitamento netto, per le finanze pubbliche, sempre troppo alto, anche se in calo, anche per rispettare i vincoli di bilancio imposto dall’Unione europea, a partire dall’anno in corso, rispetto ai 149 miliardi del 2023: il buco del 2024 sarà pari a 93 miliardi, a 81 miliardi nel 2025, a 69 miliardi nel 2026, a 51 miliardi nel 2027.

Una incidenza negativa sarà apportata dalla spesa per interessi sul debito pubblico: il costo per la remunerazione di sottoscrittori di Bot e Btp, arrivato a 78 miliardi nel 2023, arriverà a 84 miliardi alla fine di quest’anno, a 88 miliardi nel 2025, a 95 miliardi nel 2026 e a 103 miliardi nel 2027.

Quanto alla spesa per gli stipendi dei dipendenti pubblici, che farà registrare un aumento di 10 miliardi nel 2024 rispetto ai 186 miliardi del 2023, arrivando dunque a quota 196 miliardi, non ci dovrebbero essere variazioni significative in futuro, con una previsione di 198 miliardi per tutto il triennio 2025-2027.

Il confronto della pressione fiscale italiana con quella dei paesi Ocse evidenzia un quadro drammatico per i contribuenti italiani in regola che emerge dal rapporto Ocse per il 2023Taxing Waging”.

Per un lavoratoresingle” in Italia il peso delle imposte complessive sul salario è in media del 45,1%, sostanzialmente stabile rispetto al 2022 (era del 45%). Il cuneo fiscale nell’Ocse è stato del 34,8% in media nel 2023 (34,7% nel 2022) e l’Italia figura al quinto posto per l’incidenza più alta tra i 38 Paesi Ocse, dopo Belgio (52,7%), Germania (47,9%), Austria (47,2%) e Francia (46,8%).

In Italia, le imposte sul reddito e i contributi previdenziali del datore di lavoro rappresentano insieme il 90% del cuneo fiscale totale, mentre la media Ocse è del 77%.

Per un lavoratore spostato con due figli il cuneo è invece inferiore e vede l’Italia all’ottavo posto con il 33,2% (era al nono posto nel 2022), rispetto a una media Ocse del 25,7%.

Tra il 2000 e il 2023 il cuneo fiscale per il lavoratoresingle” è sceso di 2 punti percentuali (dal 47,1 al 45,1%). Nello stesso periodo nei paesi Ocse è sceso di 1,4 punti percentuali (dal 36,2 al 34,8%). Tra il 2009 e il 2023 invece il cuneo fiscale per il lavoratore medio “single” in Italia è sceso di 1,7 punti percentuali. Durante questo stesso periodo, il cuneo fiscale per il lavoratore single nei paesi Ocse è aumentato lentamente fino al 35,3% nel 2013 e nel 2014, scendendo al 34,8% nel 2023. L’aliquota fiscale netta del dipendentesingle” in Italia è stata in media del 27,7% nel 2023, rispetto alla media Ocse del 24,9%.

Tenendo conto degli assegni familiari e delle disposizioni fiscali, l’aliquota fiscale media netta del dipendente per un lavoratore sposato con due figli in Italia era del 12% nel 2023, il 26esimo valore più basso nei Paesi Ocse, e si confronta con il 14,2% della media Ocse.

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