Economia europea in frenata: calano la produzione industriale e i consumi delle famiglie

Indagine della Bce sui consumi degli europei. Forte calo della manifattura. Calo anche delle quotazioni immobiliari complice il caro tassi.

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L’economia europea sempre più in frenata, vuoi per il persistente caro tassi, vuoi per l’inflazione che ha colpito soprattutto i consumi delle famiglie, vuoi per il calo della produzione manifatturiera e delle compravendite di immobili e delle relative quotazioni.

All’origine di tutto il caro tassi portato dalla Bce nel giro di 14 mesi da quota zero al 4,5%, confermato dalla Banca centrale europea nell’ultima seduta del consiglio d’amministrazione, anche se si è registrata per la prima volta l’apertura da parte del presidente, ChristineCroissantLagarde, (“Croissant” in onore ad un’altra francese priva del collegamento con le difficoltà del popolo come Maria Antonietta) ad un primo taglio dei tassi a giugno prossimo, quando sarebbe opportuno anticiparlo per evitare che la frenata aumenti d’intensità.

L’inflazione ha colpito in particolare i consumi delle famiglie, che hanno ridotto i volumi a fronte di costi aumentati, spesso intaccando i risparmi e, soprattutto, cambiando le abitudini di consumo, che si sono spostati verso prodotti – specie gli alimentari – di minore qualità.

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In uno studio aggiornato al gennaio 2024 sull’economia europea, la Banca centrale europea ha utilizzato i dati delle sue indagini sui consumatori dell’Eurozona per capire quali strade le famiglie hanno scelto per resistere al carovita.

La maggior parte, pari al 69%, ha modificato i consumi, il 43% ha usato i risparmi, il 31% ha cercato di far salire le entrate. Tra chi ha agito solo sui propri consumi, il 50% ha cercato di trovare prezzi più vantaggiosi altrove, il 33% ha abbassato la qualità dei propri acquisti per spendere meno, il 28% ha ridotto le quantità. Nella minoranza di chi ha cercato di aumentare le entrate, il 15% ha negoziato un aumento di stipendio, mentre il 17% ha fatto gli straordinari o ha preso un lavoretto extra. Lo studio ha anche registrato un calo dei risparmi negli ultimi due anni, determinato non dall’aumento della spesa sui beni di prima necessità ma da quella sui viaggi e le attività di ricreazione in generale.

Rispetto al 2021, nel 2023 il consumo di beni quali cibo e attrezzature ha subito un sostanziale aggiustamento al ribasso (circa -1%) in risposta ai maggiori aumenti dei prezzi. Il calo maggiore lo hanno subito i trasporti (compresi gli acquisti di veicoli), scesi nel 2023 quasi del -4% rispetto al 2021, mentre per abbigliamento e salute i consumi non sono scesi di molto, e sono rimasti praticamente stabili quelli dei prodotti di lusso.

Sul fronte della produzione manifatturiera il 2024 in Italia parte con il segno negativo secondo le stime formulate dall’Istat, secondo cui a gennaio diminuisce dell’1,2% rispetto a dicembre 2023 e del 3,4% rispetto a un anno prima. Gli unici settori di attività economica in crescita tendenziale sono la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+2,0%), la fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (+1,1%) e le industrie alimentari, bevande e tabacco (+0,6%). Le flessioni più ampie si registrano nella produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (-15,2%), nell’attività estrattiva (-9,9%) e nell‘industria del legno, della carta e della stampa (-8,0%).

Anche il settore immobiliare non se la passa bene: la casa, il maggiore bene d’investimento delle famiglie italiane è sotto pressione vuoi per il calo delle quotazioni (il 2023 si è chiuso con un +1,3% in sensibile flessione rispetto al +3,8% del 2022, valore reale di fatto in negativo a causa dell’inflazione), vuoi soprattutto per l’incognita costi di riqualificazione energetica delle case nelle classi di rendimento peggiori, con costi medi che s’aggirano attorno ai 30-50.000 euro ad unità, che si riflettono sulla valutazione finale del bene.

La situazione dell’economia europea non è affatto positiva e necessiterebbe di un intervento immediato sui tassi per mettere in circolo maggiore liquidità a vantaggio delle aziende e delle famiglie. Attendere fino a giugno per applicare il primo taglietto ai tassi potrebbe essere tardi, con l’Europa trascinata nel gorgo recessivo in cui è già incappata la Germania.

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