Fino ad ora, la crisi del Mar Rosso non ha ancora prodotto effetti particolarmente gravi per gli scambi commerciali italiani. Tra i primi due mesi del 2023 e lo stesso periodo del 2024, il numero di navi mercantili (cargo e cisterna) in arrivo nei porti italiani è diminuito di 169 unità (pari a -3,6% del totale arrivi).
Il crollo dei passaggi delle navi mercantili nei primi due mesi del 2024 nello stretto di Bab el-Mandeb (-50,5%) e nel Canale di Suez (-39,3%) è stato significativo, mentre i transiti lungo il capo di Buona Speranza all’estremità meridionale del continente africano hanno subito un’impennata dell’84,5%.
Fino ad ora, secondo il commento del Centro studi della Cgia, le navi mercantili provenienti dal Sud Est asiatico sono approdate quasi tutte nel Mediterraneo e successivamente nei porti italiani. I tempi di percorrenza si sono allungati, provocando un deciso aumento del costo dei noli. Per un container di 40 piedi (da 12 metri di lunghezza e 2,5 di altezza) che a metà gennaio ha percorso la rotta Cina-Asia Orientale arrivando nel mar Mediterraneo il prezzo ha toccato il picco di 6.673 dollari. Nulla a che vedere, comunque, con le tariffe che venivano praticate nell’estate del 2021, quando si aggiravano attorno ai 12.000 dollari. Rispetto a un paio di mesi fa, i costi sono in discesa. Lo scorso 1° marzo, il prezzo è sceso a 4.972 dollari per container, contro i 3.300 dollari registrati dall’indice mondiale noli calcolato da Freightos Baltic Index.
Tra il primo bimestre del 2023 e lo stesso periodo del 2024 il numero delle navi mercantili (cargo e cisterna) in arrivo nei porti italiani ha subito una riduzione di 169 unità (-3,6% del totale). Tra i principali sistemi portuali presenti nel Paese, la contrazione più importante in termini assoluti ha riguardato Genova che ha visto diminuire gli attracchi di 61 unità (-10,7%). Seguono Livorno con -43 (-9,8%) e Venezia con -34 (-6,4%). In controtendenza, invece, i risultati conseguiti dal porto di Augusta che ha registrato un aumento degli approdi di 30 unità (+12,2%), da quello di Napoli con +35 unità (+18,2%) e da quello di Sarroch-Cagliari con +39 unità (+18,7%).
Il commercio estero italiano (import + export) che “viaggia” su nave con i paesi influenzati direttamente o indirettamente dalla crisi del Mar Rosso ammonta a 161,7 miliardi di euro. Questo importo incide sull’intero commercio estero italiano per il 12,6%. Di questi 161,7 miliardi, 110 (pari al 68%) riguardano le importazioni e “solo” 51,7 miliardi di euro (pari al 32%) le esportazioni.
Alla luce di queste cifre, se la situazione nell’area Mediorientale dovesse precipitare ulteriormente, l’impatto negativo si potrebbe far sentire maggiormente sulle importazioni di merci. A livello regionale, Lombardia e Veneto sono le realtà che potrebbero essere le più a rischio: se la prima “cuba” nei paesi interessati 30,4 miliardi di importazioni, la seconda quasi 17, seguite dall’Emilia Romagna con 9,3 miliardi e dal Lazio con 7,4 miliardi. Sul fronte delle esportazioni, invece, la più in “pericolo” rimane ancora una volta la Lombardia che registra 12,5 miliardi di vendite in queste aree. Seguono l’Emilia Romagna con 8,7 e il Veneto con 5,7 miliardi di euro.
A livello di categorie merceologiche, emerge che dei 161,7 miliardi di euro a cui ammonta il commercio estero con i paesi influenzati dalla crisi del Mar Rosso, sono le macchine e gli apparecchi elettrici/meccanici le produzioni che potrebbero essere più penalizzate con un valore complessivo di 36,5 miliardi di euro all’anno (20,1 di import a cui si sommano 16,4 miliardi di export). Seguono i prodotti petroliferi e il gas naturale con 24,9 miliardi di import, i prodotti chimici/gomma/plastica con 18,9 miliardi (12,4 di import e 6,4 di export) e i metalli con 18,6 miliardi di euro (15,4 di import e 3,2 di export).
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