La zavorra europea dei vertici di Bce e Commissione

Per rilanciare il continente serve un profondo cambiamento con personaggi che siano all’altezza del loro incarico, con una chiara visione e linearità d’azione.

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zavorra europea

I vertici della Banca centrale europea e della Commissione si sono trasformati in zavorra europea, personaggi che più che fare progredire la società e l’economia continentale la stanno frenando causa scelte immotivate e prive di un reale significato.

La zavorra europea è impersonata dal presidente francese della Bce, Christine Lagarde, una sorta di novella Maria Antonietta che si ostina a non mollare la briglia dei tassi d’interesse tenuti a livello di strozzo dell’economia, che pure nel quarto trimestre 2023 sta decisamente frenando, rimanendo inchiodata a quota zero e aprendo sempre più ad uno scenario recessivo per il 2024, mentre sul fronte politico la tedesca Ursula von der Leyen sempre più impersona il profilo del politico fanfarone e buono per tutte le stagioni, salvo causare danni su danni.

Il combinato disposto tra Lagarde al vertice della Bce e di von der Leyen alla guida della Commissione sta facendo affondare l’Europa. Sul fronte economico, la Bce ha nuovamente rimandato il taglio dei tassi, nonostante l’inflazione sia ormai sotto controllo e i suoi effetti amplifichino la frenata sull’economia con i redditi reali degli europei in deciso calo. Uno scenario che dovrebbe consigliare l’allentamento delle politiche restrittive, in modo da evitare che la frenata si trasformi in un’inchiodatura dell’economia che già ora è sull’orlo della recessione – la Germania c’è già dentro da due trimestri -, con il rischio che gli sforzi per rialzarsi siano poi più ingenti di quelli che potrebbero essere se già ora si tagliassero di almeno un punto.

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Sul fronte politico, a fine legislatura, annusata l’aria decisamente pesante, l’attuale Commissione ha ingranato la retromarcia sulle politiche ambientaliste di cui era artefice il vicepresidente esecutivo, il socialista Frans Timmermans che si è dimesso per tentare la sorte – infausta – alle politiche in Olanda. Il dopo Timmermans è una sorta di fuggi-fuggi dal Green Deal, dal Farm to Fork et similia, perché ci si è finalmente accorti che consistono in politiche anti competitive per il tessuto sociale ed economico europeo, che rischiano solo di consegnare l’Europa agli interessi monopolistici della Cina.

Ma von der Leyen con quale faccia può ambire a succedere a se stessa dopo le elezioni del giugno 2024? Come può il suo partito, il Ppe, sostenere una candidatura che già da ora pare essere elettoralmente controproducente, sia per il bilancio del suo governo che per la sua ampia antipatia tra l’elettorato moderato europeo? Tanto che molti esponenti di Forza Italia sono tiepidi verso questa ricandidatura, che pure al congresso del Ppe ha incassato da subito un bel numero di contrari. Non il migliore dei viatici per un successo elettorale.

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