Stellantis, paga da nababbo per l’amministratore delegato Tavares

All’Ad 36,4 milioni nel 2023 (+55%), pari al guadagno di 12.000 operai. Per Elkann taglio da 5,8 a 4,8 milioni.

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Stellantis

Il 2023 dell’amministratore delegato di Stellantis, il franco-portoghese Carlos Tavares, si chiude all’insegna di un cospicuo aumento dei propri guadagni, cresciuti del 55%, mentre quello del presidente John Elkann scendono di circa il 20%.

Gli stipendi dei vertici di Stellantis e dei membri del board vengono ogni anno comunicati nella relazione annuale, pubblicata dalla società. Nel 2023 l’amministratore delegato di Stellantis ha guadagnato 13,5 milioni di euro, 1,4 milioni in meno dell’anno precedente, ma ha ricevuto anche un bonus di 10 milioni di euro. Si tratta di incentivi legati al raggiungimento degli obiettivi del gruppo e alla trasformazione di Stellantis in un’azienda di mobilità tecnologica sostenibile.

Complessivamente, la remunerazione del manager è così composta: 2 milioni come stipendio base (la stessa cifra del 2022), 634.000 euro come fringe benefits, 5,8 milioni come incentivo a breve termine (erano 7,5 milioni nel 2022), 26,1 milioni come incentivo a lungo termine (11,5 milioni due anni fa) e 1,9 milioni per il piano pensionistico (cifra in lieve calo rispetto ai 2,3 milioni nel 2022).

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Elkann ha ricevuto, invece, 4,8 milioni, uno in meno del 2022: una paga base di 924.404, fringe benefit del valore di 684.230 euro e 3,2 milioni di incentivi variabili. Sulle remunerazioni delibererà l’assemblea degli azionisti convocata per il 16 aprile

Stellantis sottolinea che, sotto la guida di Tavares, ha ottenuto «una delle migliori performance del settore automobilistico ed è al sedicesimo posto tra le aziende più profittevoli al mondo, con amministratori delegati che guadagnano fino a sei volte di più di Tavares».

La polemica però non si fa aspettare. «Lo stipendio di Tavares con il bonus corrisponde al salario mensile di 12.000 lavoratori di Stellantis – commenta Michele de Palma, segretario generale della Fiom Cgil -. Si chiedono risorse pubbliche per produrre in Italia e poi c’è un divario di compenso tra i lavoratori e l’amministratore delegato intollerabile. Penso che siamo arrivati a un punto di non ritorno».

Il fatto che Tavares guadagni quanto 1.000 operai di terzo livello è stato criticato da gran parte della politica, ma questo non è un unicum delle case automobilistiche ma riguarda anche altri settori, a partire da quello bancario che chiudono due anni di utili stratosferici grazie al caro tassi voluto dalla Bce.

Intanto, il settore automobilistico inizia a scontare il cambiamento delle politiche europee, con una marcia indietro sempre più marcata da parte dei componenti della Commissione uscente man mano che l’appuntamento elettorale europeo s’avvicina. Per cercare di blandire interi settori produttivi, la stessa Ursula von der Leyen ha già buttato a mare la parte agricola del “Green Deal” e lo stesso s’appresta a fare per l’automotive, dopo che le case automobilistiche lamentano che l’auto elettrica i consumatori non le comprano, complici i problemi di uso, la forte svalutazione dell’usato e i problemi di sicurezza delle batterie, tanto che aumenta il numero delle compagnie di navigazione che si rifiutano di imbarcare auto elettriche a bordo dei traghetti. E il 2026, data di rivalutazione del “Green Dealautomobilistico, potrebbe cancellare il divieto di vendita di veicoli con motore termico stabilito unilateralmente dall’Unione europea per il 2035.

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