“Movimprese”: tra gennaio e marzo 2013 inversione di tendenza nelle cessazioni d’impresa

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unioncamere preseidente ferruccio dardanello 1Il servizio delle Camere di commercio registra un saldo ancora negativo (-24.000) ma migliore rispetto allo scorso anno

Secondo la periodica indagine di “Movimprese”, la rilevazione trimestrale condotta per Unioncamere da InfoCamere – la società di sistema delle Camere di Commercio italiane, chiude in rosso ma riprende un po’ di fiato, all’inizio del 2014, il sistema delle imprese italiane. In un trimestre che tradizionalmente consegna un bilancio negativo all’anagrafe delle Camere di commercio, il saldo del primo trimestre 2014 (-24.490 imprese) si segnala per una decisa inversione di tendenza rispetto al 2013, quando all’appello mancarono oltre 31.000 imprese.

Sul risultato ha influito, in particolare, il rallentamento delle cancellazioni (10.000 in meno rispetto al primo trimestre dell’anno scorso, pari ad una contrazione del -6,7%), un dato che ha compensato fortemente il lieve calo delle iscrizioni (circa 3.000 unità in meno rispetto al primo trimestre 2013, il 2,7%). In conseguenza di queste due dinamiche, lo stock delle imprese esistenti a fine marzo si attesta a 6.012.366 unità, di cui 1.390.064 (il 23,1%) artigiane.

Dal punto di vista delle forme giuridiche, il contributo positivo più consistente al saldo è venuto dalle imprese costituite in forma di società di capitali (+9.387 unità nel trimestre, in lieve aumento rispetto al 2013). Saldo positivo (+557 unità) anche per le “altre forme” (sostanzialmente corrispondenti alle imprese cooperative). Guardando lo Stivale, tutte le regioni – con l’unica eccezione del Lazio, stabile – evidenziano saldi negativi, con in testa Friuli Venezia-Giulia (-1,17%), Marche (-0,81%) e Piemonte (-0,78%). Tra i settori, saldi positivi si registrano unicamente nelle attività di noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese (+1.817 unità, per una crescita superiore all’1%), nell’assistenza sociale (+332) e nella fornitura di energia (+213). Rispetto al trimestre 2013, pur continuando a far registrare un segno “meno” davanti al proprio saldo, i tre settori più numericamente più consistenti dell’economia evidenziano tutti un’inversione di tendenza, con perdite dello stock più contenute rispetto a dodici mesi fa: le costruzioni (-0,98% contro -1,40%), il commercio (- 0,45% contro -0,59%) e le attività manifatturiere (-0,65% contro -0,88%).

«La riduzione delle chiusure è un segnale positivo, le imprese cominciano ad avvertire che il vento dell’economia sta cambiando e cercano di restare aggrappate al mercato per cogliere le opportunità di rilancio dei consumi – ha detto il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello – è evidente, però, che l’incertezza del quadro complessivo resta elevata e induce ancora tanti italiani a rimandare i loro progetti imprenditoriali. I provvedimenti economici in via di definizione devono sgombrare il campo da questa incertezza e restituire fiducia a chi vuole scommettere sull’impresa. Le riforme allo studio non solo devono essere fatte con urgenza, ma devono essere fatte bene e per durare. Agli imprenditori di oggi e di domani, più che gli incentivi, servono norme più stabili e più semplici. Solo così si torna ad avere fiducia e dunque a investire, a creare occupazione e a crescere».

I dati disaggregati in base alle quattro grandi circoscrizioni territoriali, mettono in luce saldi negativi fra iscrizioni e cessazioni per tutte le macroaree, sia per le imprese nel loro complesso, che per le sole imprese artigiane. Esaminando le singole circoscrizioni, il Centro fa registrare il migliore risultato del periodo: solo -2.960 imprese, pari a una variazione negativa dello stock dello 0,23%. Dall’analisi della composizione percentuale dei flussi delle aperture e chiusure, il Centro mostra una percentuale di iscrizioni (22,1%) superiore al proprio peso percentuale sul totale delle imprese italiane (21,6%) calcolato alla fine del trimestre precedente. E poiché, al contrario, il peso delle proprie cessazioni (20,3%), risulta inferiore a quello del proprio peso sul totale, la quota di saldo negativo di cui è responsabile è poco più del 12% del totale, segno di una significativa resistenza ai colpi della crisi. Il contributo maggiore al risultato negativo del trimestre arriva invece dal Mezzogiorno, dove le 8.570 imprese che a fine marzo sono mancate all’appello rappresentano il 35% di tutto il saldo, due punti percentuali in più del peso che il Sud ha in termini di imprese registrate (il 32,9%).

A seguire troviamo il NordEst, responsabile del 28,3% del bilancio del trimestre, una quota addirittura superiore di 9 punti rispetto al proprio peso in termini di imprese sul totale (pari al 19,4%). Chiude il NordOvest, che nonostante il suo peso in termini di imprese sul totale sia di poco superiore al 26%, ha contribuito al saldo negativo del periodo con una quota pari al 24,6%.

A livello regionale, l’unica regione che ha chiuso il trimestre con il segno positivo, seppur per sole 47 unità, è stata il Lazio. Sul fronte opposto, Piemonte (-3.564), Veneto (-3.044) e Puglia (-2.498) sono state le regioni che hanno accusato le riduzioni più consistenti della propria base imprenditoriale. Considerando le sole imprese artigiane, il segno meno accomuna tutte le regioni tra cui, comunque, spicca il Molise per il valore meno negativo di tutti (-54). In termini assoluti, i saldi più consistenti si registrano in Lombardia (-1.988), in Piemonte (-1.778) e in Emilia Romagna (-1.393). Insieme alle società di capitale, a chiudere il trimestre con il segno positivo sono state anche le imprese costituite in forma di cooperativa. Con riferimento a questo universo, tra la fine di dicembre e la fine di marzo le cooperative hanno fatto registrare complessivamente un saldo di 452 unità in più, pari allo 0,31% su base trimestrale. In termini assoluti meglio di tutte ha fatto la Sicilia, con 107 coop in più in tre mesi, il 23,7% di tutto il saldo nazionale. All’estremo opposto, in campo negativo, si colloca il Veneto, che chiude il trimestre con 58 unità in meno.

Quanto ai singoli settori economici, il saldo negativo del trimestre è spiegato per oltre il 50% dalla sola Agricoltura, settore stroricamente in contrazione che, tra gennaio e marzo di quest’anno, ha visto ridursi il proprio tessuto di imprese di 11.536 unità. Di segno negativo, ma con entità ridotte, anche i saldi degli altri tre grandi comparti delle Costruzioni, del Commercio e dell’industria manifatturiera (che chiudono il periodo, rispettivamente, con 8.624, 6.909 e 3.887 unità in meno). Tra le restanti 10 sezioni che hanno conosciuto una variazione positiva spiccano le attività di noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese (+1.817), la Sanità e assistenza sociale (+332) e la Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata (+213 unità).

Quanto alle imprese artigiane, la fortissima prevalenza delle ditte individuali che caratterizza il mondo artigiano, spiega in grande misura questi risultati.

Le sezioni che hanno conosciuto una variazione negativa dello stock nel trimestre da poco concluso sono state ben 12. Più nel dettaglio, mentre le imprese artigiane determinano meno di un quarto delle imprese totali (23,1%) e hanno registrato una riduzione dello stock dell’ 1,18%, quattro soli comparti con 1.147.762 unità determinano l’82,6% delle imprese artigiane italiane. E queste quattro sezioni determinano il 96% della variazione negativa registrata complessivamente dalle imprese artigiane. Inoltre, per meglio capire la specificità del mondo artigiano, nelle Costruzioni (-9.359 unità), nella Manifattura (-3.866 unità), nelle attività di Trasporto (-1.035 unità) e nelle Altre attività di servizio (-1.717 unità), il saldo negativo delle imprese artigiane spiega per intero, e anzi lo supera, il saldo delle imprese registrate nelle quattro sezioni. Come dire che il bilancio negativo complessivo di queste tipologie di attività è spiegato completamente dal mondo artigiano.