Terzo mandato per sindaci e governatori: cancellare o no il divieto?

La proposta arriva soprattutto da amministratori a fine corsa che, in carenza di altri incarichi, vorrebbero proseguire nel mandato. Ma così si blocca il ricambio fisiologico della politica.

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Terzo mandato

Cancellare o no il divieto di terzo mandato per sindaci (solo per i comuni oltre 15.000 abitanti) e governatori regionali così come propongono i diretti interessati e molti vertici politici nazionali preoccupati di trovarsi tra i piedi personaggi locali potenzialmente ostativi alle loro manovre politiche? Il dibattito è aperto, anche se la norma è nata anche per garantire un fisiologico ricambio ai vertici degli enti locali e, probabilmente, sarà contenuto anche nel progetto di riforma istituzionale nazionale riguardo alla figura del premier eletto direttamente.

La norma è contenuta all’articolo 2 della legge 165/2004 che detta i principi fondamentali del sistema elettorale locale cui le regioni devono attenersi nel legiferare sulle norme elettorali. Essa prevede la non immediata rieleggibilità alla stessa carica dopo due mandati consecutivi per i vertici degli enti, ma non ne impediscono una rielezione all’interno dell’assemblea elettiva di riferimento, consiglio comunale o regionale, o l’assegnazione di un incarico di governo come assessore.

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Il problema fondamentale del terzo mandato è che i partiti politici negli ultimi decenni hanno sostanzialmente abiurato al proprio dovere di selezionare un personale politico sufficientemente preparato all’incarico ricoperto. Soprattutto, hanno totalmente dimenticato quel “cursus honorumapplicato dai vecchi partiti della Prima Repubblica che, prima di assegnare incarichi di responsabilità, sperimentavano con gradualità le capacità dei vari eletti.

Ai tempi della Democrazia Cristiana, del Partito Comunista e anche del Partito Socialista il fenomeno dei paracadutati era molto più marginale che oggi, davvero molto frequenti con segretari di partito che fanno eleggere in collegi sicuri la propria moglie, come accaduto per Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana. Prima, anche in politica la gavetta era d’obbligo per tutti.

Il sostanziale decadimento della rappresentanza politica ha di fatto consegnato ai vari leader di partito – che hanno anche colonizzato le insegne sociali dei rispettivi partiti – la vita interna delle varie associazioni politiche, realtà dove la democrazia interna è di fatto inesistente, dove l’unica carriera si fa non con le capacità di proposta o con la preparazione, ma con le capacità di genuflessione o di piegamento o, ancora, con la capacità di sfilamento degli abiti.

In attesa che la politica torni a marciare valorizzando se stessa e i cittadini che volonterosamente si mettono a disposizione della comunità per il bene pubblico più che per quello personale, il divieto di terzo mandato è una valvola di sfogo per evitare l’imbalsamazione della politica e dei vertici delle istituzioni, assicurando ogni 10 anni una naturale e benefica ventata di novità. E pazienza se i vari Zaia, Bonaccini & C. dovranno trovarsi un’altra occupazione politica o, meglio ancora, nel mondo della produzione o delle professioni.

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