Vino Santo trentino, la Fondazione Mach individua una difesa naturale contro la Botrite

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Uve-Nosiola-Vino-santo-Trentino-ilnordestIsolati dai laboratori lieviti che proteggono le uve in appassimento

Il Vino Santo trentino potrà diventare un prodotto ancora più sostenibile grazie al risultato di una sperimentazione condotta dalla Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige (Trento), pubblicata in questi giorni sulla rivista scientifica “European Food Research and Technology”, che ha valutato la potenziale applicazione di microrganismi isolati da uve di Nosiola, poste in appassimento per la produzione di Vino Santo trentino, come agenti naturali di biocontrollo per fronteggiare alcune avversità dell’uva, come la Botrite.

Secondo gli esperti di San Michele l’applicazione di questi ceppi in fruttaio o in vigna, soprattutto nelle ultime fasi della maturazione, potrebbe contribuire a ridurre l’incidenza dei danni da Botrite quando i comuni trattamenti anticrittogamici non sono più praticabili. La sperimentazione è stata condotta da Raffaele Guzzon e Roberto Larcher del Centro di trasferimento tecnologico in collaborazione con Elena Franciosi del Centro di ricerca e innovazione.

«L’idea che ha guidato la sperimentazione – spiega Guzzon – è che microrganismi che siano cresciuti in un ambiente dove comunemente è presente Botrytis cinerea, sebbene in forma di “muffa nobile” si siano evoluti attivando dei meccanismi di autodifesa e inibizione verso questa muffa, utili per prevenirne lo sviluppo in contesti dove la Botrite rappresenti un rischio per la qualità delle produzioni». 

Il lavoro durato tre anni è stato svolto in collaborazione con quattro cantine trentine che hanno fornito le uve nel 2010 e ha previsto la caratterizzazione molecolare e fisiologica della microflora isolata sulle uve in appassimento, giungendo all’identificazione di alcuni ceppi di lievito con una potenziale attività di bio controllo contro la Botrite.