Sulla transizione verde applicata alle emissioni degli allevamenti zootecnici, i negoziatori del Parlamento europeo e del Consiglio europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio sulla revisione della direttiva sulle emissioni industriali (Ied) e della direttiva sulle discariche di rifiuti e sul nuovo regolamento sul portale delle emissioni industriali.
I colegislatori concordano di estendere le misure Ied agli allevamenti di suini con più di 350 unità di bestiame(Lsu). Sono escluse le aziende che allevano suini in modo estensivo o biologico e all’aperto per un periodo significativo di tempo nell’anno. Per il pollame, si applicherebbe agli allevamenti con galline ovaiole con più di 300 unità di bestiame adulto (Uba) e agli allevamenti con polli da carne con più di 280 Uba. Per le aziende che allevano sia suini che pollame il limite sarà di 380 Lsu.
La Commissione aveva originariamente proposto una soglia di 150 Lsu per tutto il bestiame, compresi i bovini. I colegislatori hanno convenuto di incaricare la Commissione di riesaminare, entro il 31 dicembre 2026, la necessità di un’azione dell’Ue per affrontare le emissioni derivanti dall’allevamento di bestiame, compreso quello bovino, nonché una clausola di reciprocità per garantire che i produttori al di fuori dell’Ue soddisfino requisitisimili alle norme Ue quando si esporta nell’Ue.
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Il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, ha commentato positivamente l’accordo: «il Parlamento europeo boccia l’equiparazione tra emissioni industriali e allevamenti. Il sistema Italia vince ancora. A testa alta in Europa al fianco degli allevatori italiani».
Di fatto, da quando l’ecotalebano commissario alla transizione ecologica, il socialista Frans Timmermans, si è dimesso per affrontare le elezioni politiche in Olanda, uscendone pesantemente trombato, l’Unione europeapare avere imboccato un percorso di rinsavimento rispetto all’azzeramento, costi quel che costi, delle emissioni climalteranti continentali.
La Commissione Europea accoglie con favore l’accordo provvisorio raggiunto tra il Parlamento europeo e il Consiglio: «la legge aggiornata contribuirà a orientare gli investimenti industriali necessari per la trasformazione dell’Europa verso un’economia più pulita, neutra in termini di emissioni di carbonio, più circolare e competitiva entro il 2050. Stimolerà l’innovazione, premierà i soggetti all’avanguardia, contribuirà a creare condizioni di parità sul mercato dell’Ue e aumenterà la certezza degli investimenti a lungo termine per l’industria».
L’accordo raggiuto in sede europea è salutato con soddisfazione dalle organizzazioni dei produttori agricoli. Secondo Coldiretti e Filiera Italia è positiva la decisione di lasciar fuori gli allevamenti bovini da latte e da carnedalla nuova direttiva sulle emissioni industriali che come più volte denunciato rischiava di obbligare tutte le stalle a sottostare a procedure di autorizzazione insostenibili.
Dal compromesso esce penalizzato – denunciano Coldiretti e Filiera Italia – il settore suinicolo, in particolare quello degli allevamenti da ingrasso, mentre poco significative sono le modifiche introdotte al settore avicolo(con qualche eccezione per le ovaiole). Equiparare gli allevamenti, anche di piccole/medie dimensioni, alle attività industriali, – precisano Coldiretti e Filiera Italia – appare ingiusto e fuorviante rispetto al ruolo che essi svolgono nell’equilibrio ambientale e nella sicurezza alimentare in Europa.
«Una vittoria del buon senso, che dà ragione a chi come la zootecnia italiana sta facendo tantissimo per la riduzione delle emissioni come dimostrano gli straordinari risultati degli ultimi anni in cui, secondo l’Ispra, le emissioni prodotte dagli allevamenti rappresentano circa il 5% delle emissioni di gas serra, con -24% delle emissioni degli allevamenti italiani negli ultimi 30 anni in controtendenza con l’aumento del 16% rilevato a livello mondiale (+44% in Brasile, +23% in Marocco e Turchia e +21% in India) – afferma il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini -. Viene sconfitta la strumentalizzazione di chi fa finta di non sapere che produrre un kg di carne nel nostro Paese emette circa un quinto delle emissioni legate alla produzione dello stesso kg di carne in Asia o America, da dove rischiamo di essere costretti ad importare».
«Un risultato che blocca la proposta di chi avrebbe voluto assimilare gli allevamenti alle fabbriche inquinanti e che approccia il tema della sostenibilità in maniera più concreta e razionale prevedendo ulteriori interventi di miglioramento con studi e revisioni delle regole nei prossimi anni – ha detto Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiera Italia -. Ma è stata persa l’occasione per il mancato inserimento del principio di reciprocitàche avrebbe previsto le stesse nostre regole di tutela ambientale per gli allevamenti di quei Paesi terzi che esportano verso il mercato europeo».
Per il direttore generale di Assocarni, François Tomei, «siamo estremamente soddisfatti perché è soprattutto la ragionevolezza che ha trionfato e, con un po’ di orgoglio, credo sia soprattutto una vittoria italiana. Il nostro Paese infatti ha condotto a livello politico un’azione di moral suasion convincendo le istituzioni europee e gli altri Stati membri delle gravi conseguenze che avrebbe avuto inserire il bovino, un animale che svolge un’azione di presidio del territorio, in una direttiva che riguarda gli impianti industriali. Finalmente – conclude Tomei – la narrativa “green” di questi ultimi anni sta tramontando. Le guerre e le pandemie di questi mesi, unitamente ad una inflazione galoppante, stanno riportando il legislatore europeo nella direzione della ragionevolezza».
E ancora di più si potrà fare dopo l’elezione del nuovo Europarlamento a giugno 2024, quando una maggioranza meno intrisa di dogmatismo ambientalista potrà rimettere il cammino dell’Unione europea sui giusti binari per continuare l’operazione di efficientamento e mitigazione dell’impatto ambientale, ma senza correre in solitaria verso il baratro delle emissioni zero, scenario assolutamente irrealistico se non a costo di danni irreparabili a livello economico, sociale e anche ambientale.
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