120 lavori dell’artista friulano attivo a Milano a cavallo tra 1800 e 1900 esposti grazie al supporto della Fondazione Bracco e del comune
C’è una storia di stima e amicizia dietro la mostra dedicata ad Angiolo D’Andrea, allestita negli spazi della Galleria d’arte moderna e contemporanea Pizzinato di Pordenone fino al 21 settembre 2014.
Una storia che lega una delle più belle pagine del mondo economico e imprenditoriale italiano, scritta dalla famiglia Bracco (dalle origini istriane), e un pittore friulano (1880 – 1942) originario di Rauscedo, schivo e introverso protagonista della stagione artistica dei primi decenni del XX secolo tra Simbolismo e Novecento, ma presto ingiustamente dimenticato.
La mostra – posta sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica italiana, realizzata con la collaborazione del Comune di Pordenone e il patrocinio del Ministero dei Beni delle Attività Culturali e del Turismo e della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia – è organizzata dalla Fondazione Bracco, sotto lo sguardo vigile e attento della presidente Diana Bracco, che ha voluto così onorare la volontà del nonno, in piena sintonia con gli obiettivi della Fondazione che si propone di promuovere la valorizzazione del patrimonio culturale, storico e artistico a livello nazionale e internazionale, la creazione di una sensibilità ambientale, la ricerca scientifica e la tutela della salute, l’istruzione e la formazione professionale dei giovani, iniziative solidali come contributo al benessere della collettività.
Attivo soprattutto in Lombardia e a Milano (ove si trasferì definitivamente nel 1906) e sensibile alla integrazione tra le arti, fu forse proprio questa sua indifferenza alle luci della ribalta, insieme alla lunga malattia che nell’ultimo decennio lo costrinse a ritirarsi dalla scena, farlo scordare a gran parte della critica dopo la sua morte. Ad evitare la dispersione dell’opera di Angiolo intervenne Elio Bracco, fondatore dell’omonima azienda farmaceutica che, poco prima della scomparsa dell’artista già gravemente malato, decise di acquistare in blocco l’intero fondo di dipinti esistenti nello studio milanese dell’artista, preservandolo dallo smembramento. Seguendo un vecchio desiderio di Elio, che probabilmente aveva conosciuto ed era legato a d’Andrea – «è mio vivo desiderio che rifulga l’opera di questo maestro» scriverà successivamente a uno degli eredi – la Fondazione Bracco, e in particolare Diana Bracco, ha ora deciso di riportare l’attenzione sulla produzione e sull’avventura artistica del pittore friulano, promuovendo, nel 2012 a Milano e ora nella sua terra d’origine, la prima grande esposizione a lui dedicata, affidata alla cura di Luciano Caramel e con un catalogo edito da Skira ricco di contributi storico-critici.
Circa 120 opere, tra dipinti e disegni (una novantina di proprietà della famiglia e della Fondazione Bracco, altre rivenute presso gli eredi D’Andrea o in collezioni pubbliche e private), saranno esposte a Pordenone.
Se la mostra milanese già esponeva lavori per la maggior parte inediti, Pordenone si arricchisce di dodici nuove opere, che daranno conto di ulteriori sviluppi negli studi e nella conoscenza dell’artista: un eccellente colorista che sviluppò una complessa e diramata ricerca stilistica nei decenni in cui ebbe modo di lavorare, influenzato inevitabilmente anche dall’evolversi del contesto italiano e mitteleuropeo non solo culturale, ma in cui appare sempre presente un sentimento di forte spiritualità, sia che egli affronti il tema della natura e del paesaggio, la religiosità e il sacro, il dramma della Guerra o l’eros femminile e la maternità.
La mostra segue il percorso compiuto dall’artista con un incedere cronologico, a partire dalla sua collaborazione con la rivista “Arte italiana decorativa e industriale” diretta da Camillo Boito, lasciando spazio però ad approfondimenti sulle tematiche che più hanno interessato e impegnato Angiolo d’Andrea, portandolo a una pittura evocativa, sentimentale, ricca di poesia e di simbolismi che, a dispetto dell’oblio postumo, era molto apprezzata dai contemporanei. Furono numerose infatti – accanto alle commissioni per le decorazioni d’importanti architetture milanesi – le partecipazioni dell’artista friulano alle principali esposizioni del tempo: dall’ “Esposizione di Primavera” della Permanente del 1907, che segna il suo esordio, alle Esposizioni Nazionali di Brera, fino alla Biennale di Venezia del 1922, ove espone la grande tela Gratia plena, o alla Quadriennale di Torino che presenta, nell’anno successivo, il dipinto (di d’Andrea) Paese di mare. E’ questo uno dei suoi suggestivi dipinti di paesaggio, spesso pervasi da una forte spiritualità immanente nel naturale o attenti a cogliere con partecipazione il dato naturale tra ambienti lacustri, campagna romana, vedute siciliane, monti e catene alpine: come Ombre di nubi del 1920, con il quale Angiolo vinse il Premio Chiesa all’esposizione alla Galleria Pesaro del 1926, o Neve a Rauscedo, in cui il pittore immortala il paese natio, luogo ove egli aveva maturato i primi interessi all’arte, nel quale era solito tornare nel periodo estivo e ove si ritirerà nell’ultimo anno di vita.