Domenica 6 aprile la “prima” del IV appuntamento della Stagione d’opera e Balletto della Fondazione scaligera
Domenica 6 aprile 2014 alle ore 15.30 prima rappresentazione di Maria Stuarda di Gaetano Donizetti (repliche martedì 8 aprile, ore 20.00 – giovedì 10 aprile, ore 20.00 – domenica 13 aprile, ore 15.30), quarto titolo operistico della Stagione Opera e Balletto 2013-2014 della Fondazione Arena di Verona al Teatro Filarmonico.
L’opera donizettiana viene proposta, a 22 anni dall’ultima rappresentazione al Filarmonico dell’aprile 1992, per la prima volta nell’allestimento del Bergamo Musica Festival Gaetano Donizetti di Bergamo, con la regia di Federico Bertolani, le scene di Giulio Magnetto ed i costumi di Manuel Pedretti. Dirige l’Orchestra areniana il M° Sebastiano Rolli.
Maria Stuarda è una tragedia lirica in due atti di Gaetano Donizetti su libretto di Giuseppe Bardari. Fondamentale per la decisione del soggetto il dramma omonimo di Friedrich Schiller che il compositore bergamasco legge nella traduzione di Andrea Maffei del 1830, dove focale è lo scontro tra le due regine, Maria ed Elisabetta. Il testo che ne esce è forte, tanto che la censura borbonica ne vieta la messa in scena a Napoli e la musica viene riadattata per un altro libretto, Buondelmonte, imbastito in tutta fretta da Pietro Salatino su un soggetto tratto dalle Istorie fiorentine di Machiavelli; per la Prima di Maria Stuarda dovremo attendere fino al 30 dicembre 1835, quando l’opera debutta al Teatro alla Scala di Milano promossa dalla diva Maria Malibran nei panni della protagonista, non senza censure e interruzioni (dopo sole 6 recite), e con scarsa accoglienza da parte del pubblico. La vera rinascita di questo titolo si deve alla rappresentazione a Bergamo del 1958 ed alla messa in scena al Maggio Musicale Fiorentino del ’67: a partire da quella data le maggiori soprano donizettiane si cimenteranno nel ruolo dell’infelice protagonista ed il titolo diventerà tra i più celebri del compositore bergamasco.
La vicenda narra della triste fine della regina di Scozia Maria Stuarda, prigioniera nel castello di Forteringa (italianizzazione di Fotheringhay) della cugina Elisabetta I d’Inghilterra che ne decreterà la condanna a morte, più per gelosia verso il conte di Leicester che per i reali crimini imputati alla scozzese. «Un trono per due regine, un popolo per due guide, due religioni per una nazione ma soprattutto un uomo per due donne: la storia e la politica favoriscono Elisabetta ponendola sul trono d’Inghilterra, mentre Maria esiliata è segregata dalla cugina nel mezzo di una foresta lontana dai palazzi e dalla corte», come spiega il regista Federico Bertolani.
«A Schiller e poi a Donizetti poco importa degli antefatti politici e religiosi: quello che mettono in scena sono gli stati d’animo delle due donne nei giorni precedenti alla morte della Stuarda, le loro pulsioni, le loro debolezze, le loro ossessioni» sostiene Bertolani, che rappresenta la prigione della coronata cattolica con un grande cubo nero, sempre presente in scena a simboleggiare l’ossessione di Elisabetta. «La galleria del palagio di Westminster diviene così uno spazio claustrofobico cupo dove la regina attorniata dalla corte vacilla fra l’esibizione sterile del suo potere, il dolore per il confronto e la rabbia per l’invidia. A poco è servito rinchiudere l’altra regina lontano nel mezzo della foresta di Forteringa, ed è proprio nella prigione della cugina che è costretta a recarsi Elisabetta. Ecco allora che il cubo si scompone in diverse cornici e sul fondale compaiono fronde di alberi: al ‘nero’ mondo della corte si contrappone il ‘bianco’ mondo della foresta, prigione certo ma anche «mesto riposo» fino all’arrivo della rivale». E nell’incontro tra le due regine si rivela tutta la modernità di questo dramma donizettiano: dimentiche di tutto, Maria ed Elisabetta si affrontano incuranti di ogni etichetta, si insultano, urlano e soffrono fino alle ultime battute che ben fanno presagire il tragico epilogo. Al bianco si sostituisce quindi il nero della cappa di Maria che va al patibolo. Conclude Bertolani: «Elisabetta sicura ormai del suo potere non è presente alla cerimonia ma a noi piace immaginarla sola e consapevole di quanto la sua vittoria sia l’inizio del regno di una grande regina ma anche della storia di una triste donna. Tutto è compiuto: non c’è posto su un trono per due regine ma soprattutto non c’è posto per due donne nel cuore di un unico uomo».
Al Teatro Filarmonico è attesissima nel ruolo del titolo Mariella Devia (6, 10, 13/4) in alternanza a Cristina Giannelli (8/4), vincitrice del X Concorso Internazionale di Canto promosso dall’Istituto Internazionale per l’Opera e la Poesia di Verona e da Fondazione Arena, svoltosi nel capoluogo scaligero dal 4 al 10 novembre 2013; mentre Sonia Ganassi (6, 10, 13/4) vestirà i panni di Elisabetta, dandosi il cambio con Valentina Bilancione (8/4) anch’essa vincitrice del concorso. In Roberto, Conte di Leicester, vedremo Dario Schmunck (6, 10, 13/4) e Filippo Adami (8/4). Saranno Giorgio Talbot Marco Vinco e Lord Guglielmo Cecil Gezim Myshketa. Infine Diana Mian sarà la nutrice di Maria Anna Kennedy.
La produzione vede impegnati Orchestra, Coro e Tecnici dell’Arena di Verona.