Incentivi pubblici e storie di ordinaria burocrazia statale

Fino a 500 giorni per assegnare i contributi alle aziende. Confapi Padova: «regione e Camere di commercio decisamente più rapidi dello Stato». Casasco: «dei 25 miliardi di incentivi impegnati nel 2021, solo il 25% effettivamente erogato alle imprese».

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Storie di ordinaria burocrazia statale: oltre un anno di attesa per sapere se la propria domanda di accesso agli incentivi pubblici è stata accettata o meno, con casi estremi che arrivano ai 500 giorni ad aspettare vanamente una risposta, rispetto ai 60 preannunciati dall’ente promotore. Di più: dalla pubblicazione di un bando agli esiti effettivi possono trascorrere anche 23 mesi, tempo record riscontrato da alcune aziende per il Fondo Pmi Creative di Invitalia. Una maratona che le imprese che decidono di partecipare ai bandi nazionali per i contributi a fondo perduto conoscono bene.

All’indomani dell’approvazione in Parlamento del Ddl Incentivi, Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, ha esaminato 18 tra i bandi più significativi che, tra il 2021 e il 2022, hanno riguardato gli incentivi alle industrie (11 a livello nazionale, 5 a livello regionale e 2 a livello provinciale), prendendo in considerazione sia i tempi – e i ritardi – nella pubblicazione delle graduatorie, sia l’intero iter temporale che separa la pubblicazione del bando dall’effettiva assegnazione delle risorse.

L’eccesso è quello del già citato Fondo Pmi creative e del Fondo Impresa femminile, entrambi gestiti da Invitalia – l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa – per i quali la pubblicazione delle graduatorie era stata annunciata entro due mesi. Si sono invece accumulati ritardi mostruosi, con alcune aziende che ancora a oggi attendono risposte (dopo 400 giorni dalla presentazione della domanda e a 23 mesi di distanza dalla pubblicazione del bando).

Tempistiche simili per il Fondo Impresa Femminile. Tempi lunghissimi anche per il Bando ISI Inail, per i quali gli esiti provvisori sono annunciati entro 14 giorni dal click day, ma ne servono 150 per gli elenchi definitivi, con l’arco temporale che assume proporzioni mastodontiche considerando che tra la pubblicazione del bando e l’esito comunicato all’azienda in alcuni casi documentati sono trascorsi 17 mesi. Tempi lunghi pure per i bandidestinati alla tutela e valorizzazione della proprietà industriale (MIMIT – Invitalia – Unioncamere) e per le Linee Simest PNRR 2022 (esiti variabili, in alcuni casi documentati siamo oltre i sei mesi di attesa). E c’è un dato su cui è il caso di soffermarsi: in generale, considerando tutti i bandi nazionali presi in esame tra il 2021 e il 2022, la media del tempo che trascorre tra la pubblicazione e gli esiti supera l’anno.

Va decisamente meglio per i bandi promossi dalla Regione Veneto, dove in media i tempi per ottenere gli esiti si riducono intorno ai 120 giorni, con esempi felici come quello del Bando per l’erogazione di contributi alle PMI giovanili 2021 e del Bando per l’erogazione di contributi alle PMI a prevalente partecipazione femminile 2021, per i quali i risultati sono arrivati in alcuni casi in due mesi, prima dei 90 giorni previsti. Qui, considerando i bandi presi in esame, la media del tempo che trascorre tra la pubblicazione e gli esiti è di circa 6 mesi, meno della metà rispetto ai bandi nazionali. Ancora più rapido il responso da parte della Camera di commercio di Padova per le due proposte prese in esame: il Bando a supporto della transizione verso “Impresa 4.0” sia nel 2021 sia nel 2022 ha prodotto gli esiti in anticipo di quasi un paio di mesi rispetto alla data indicata. E se l’iter complessivo nel 2021 si è protratto tra i 7 e i 10 mesi, nel 2022 è stato rapidissimo, con due soli mesi a separare la pubblicazione del bando e gli esiti, arrivando a una media tra i due anni presi in esame che, come a livello regionale, si attesta sui 6 mesi.

«Il panorama degli strumenti a supporto degli investimenti delle PMI è stato rafforzato e integrato nell’ultimodecennio portando a un’offerta decisamente vasta, ed è bene, ma anche molto frastagliata: si sono moltiplicati i soggetti che erogano le risorse – ognuno, ovviamente, a modo suo – che finiscono per risultare spesso inadeguaterispetto alla domanda – afferma il direttore di Confapi Padova, Davide D’Onofrio -. Queste sproporzionispingono a una competizione a “click day”, affidando in buona sostanza al caso l’assegnazione delle risorse tra gli aventi diritto. D’altro canto, i soggetti che optano per una valutazione di merito dei progetti da finanziare si devono confrontare, e questo fa sì che per i bandi nazionali i tempi finiscano con l’essere necessariamente molto lunghi. In sintesi, tra l’incertezza dei “click day” e i tempi di valutazione delle competizioni a punteggio, si finisce per generare incertezza e inefficienza intorno a risorse preziosissime per il sostegno al comparto produttivo».

Per D’Onofrio «uno dei problemi più seri di chi investe in Italia è quello, appunto, dell’incertezza, che impedisce di programmare i propri investimenti. E invece è necessario dare alle imprese un panorama sicuro e definito. E, a esaminare i bandi, si nota come, più vicino è l’ente che li finanzia, più rapida ed efficace è la risposta: un motivo in più per sostenere la necessità di approdare quanto prima a un’autonomia differenziata in grado di accorciare le distanze tra chi detiene il potere decisionale, i cittadini e le imprese».

Non sono poche le aziende che, nelle more dei tempi, rinunciano al contributo ottenuto per mutate esigenzee/o condizioni di mercato (si pensi solo al rialzo dei tassi di interesse nell’ultimo biennio). «È evidente come il Governo debba muoversi con urgenza in una duplice direzione: semplificare e sburocratizzare l’intero sistema – sottolinea D’Onofrio -. Ci sono segnali in tal senso, e il fatto che sia stato approvato il Ddl Incentivi non può che essere salutato positivamente, ma lo Stato deve fare in modo di essere più vicino ai cittadini e agli imprenditori».

A tale riguardo, l’ex presidente nazionale di Confapi, il parlamentare forzista Maurizio Casasco – componente della X Commissione “Attività produttive, commercio e turismo” – ha presentato in Parlamento una relazione in merito al disegno di legge di delega al Governo, poi approvato da entrambe le Camere, “in materia di revisione del sistema degli incentivi alle imprese”. Nella sua relazione, Casasco entra «nel dettaglio un universo di 1.982interventi diversi per l’anno 2021, sulla base dei quali sono stati concessi 25.142,9 milioni di euro di agevolazioni. Ma gli elementi che destano preoccupazione consistono nel fatto che dei 25 miliardi concessi nel 2021, ne sono stati erogati solo il 23% e che la loro distribuzione territoriale è sperequata, con tre regioni destinatarie del 64% delle concessioni (Lombardia, Lazio e Piemonte). Dunque l’obiettivo di questa riforma, assolutamente decisiva, è quello di rimettere la spesa per il sostegno delle imprese nei termini in cui va affrontata: corretto riparto territoriale delle risorse, rapidità delle istruttorie e dell’assegnazione delle risorse, coerenza degli obiettivi, coordinamento con le regioni, multifunzionalità delle banche dati e accesso semplificato alle stesse, risparmio di spesa».

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