La mobilità elettrica imposta da una decisione scellerata dall’Unione europea non decolla e questo è un beneanche perché non è una formula ideale per ridurre l’impatto ambientale che, per paradosso, finisce per crescereper via della maggiore domanda di energia necessaria prodotta ancora in larga misura utilizzando carbone e gas metano. E le minori vendite – seppure in assoluto in crescita anno dopo anno – rispetto alle previsioni delle case costruttrici, costringono ad un rallentamento se non alla fermata delle catene di montaggio per evitare di affollare troppo i piazzali di auto elettriche invendute, con la necessità di venderle sottocosto.
Mentre Stellantis annuncia l’investimento di 1,5 miliardi di euro per acquistare una quota del 21% in Leapmotorper assicurarsi una testa di ponte nel mercato cinese e per avere accesso ad alcune tecnologie della mobilità elettrica, tutte le altre case rallentano perché il mercato europeo e americano non assorbono l’offerta di vetture a batteria.
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Il problema di fondo è che la tecnologia elettrica, specie alla voce batteria, non è ancora all’altezza delle necessità degli utilizzatori, con problemi di eccessivo peso, scarsa autonomia, tempi di ricarica lunghi e spiacevoli tendenze delle batterie agli ioni di litio – sviluppate dalla Sony per alimentare walkman e telefoni cellulari a basso consumo, mica auto che richiedono migliaia di Watt invece di milliWatt – a surriscaldarsi e ad incendiarsi. Situazioni di cui si sono rese conto per prime le assicurazioni che per coprire un veicolo a batteriacon le garanzie furto e incendio o kasko richiedono un sovrapprezzo rispetto ad uno tradizionale.
Una realtà che ha fatto dire ad un personaggio di primo piano del settore automobilistico globale come Aiko Toyoda, presidente del consiglio di amministrazione di Toyota, principale casa costruttrice di veicoli al mondo, ad affermare che «finalmente i consumatori hanno aperto gli occhi» uscendo dall’ubriacatura elettrica in cui invece è caduta la classe politica europea che ha imboccato senza se e senza ma – ma ora iniziano a sorgere dubbi sempre più forti – la strada dell’elettrificazione spinta della mobilità di persone e di merci.
Dinanzi a costi d’acquisto ancora troppo alti anche al netto di ricchissimi incentivi pubblici – che qualcuno vorrebbe ancora più alti – che spesso rimangono inutilizzati, a costi di gestione per le ricariche elettriche più altirispetto a quello di un veicolo a gasolio, a forti limiti di impiego per la ridotta autonomia reale – quella decantata dalla pubblicità è solo virtuale e non tiene conto delle reali condizioni di uso, specie in estate e in inverno –, per i tempi di ricarica eccessivamente lunghi e per una rete di punti di rifornimento ancora scarsi, oltre ai costi di ripristino in caso di incidente decisamente più alti, ora arriva anche il rischio di una forte svalutazione del prezzo sul mercato dell’usato da qui a 4-5 anni quando sul mercato farà ingresso la nuova tecnologia delle batterie a stato solido che, dalle prove in corso per l’omologazione da parte delle varie case costruttrici, pare andare anche oltre le aspettative, risolvendo i problemi di sicurezza, di peso eccessivo, di tempi di ricarica e di durata.
Insomma, da qua ai prossimi anni i consumatori fanno bene a fidarsi ancora del vecchio caro gasolio e dell’amata benzina, così come pure del gpl. E pazienza che qualche costruttore dovrà patire forti perdite per avere accelerato troppo l’abbandono di una tecnologia motoristica che ha ancora tanto da dire, specie se dopo le elezioni del nuovo Europarlamento ci sarà una classe politica più attenta agli interessi economici, strategici e ambientali dell’Europa piuttosto che a quelli di qualche concorrente estero.
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