Il Pil italiano, secondo le previsioni EY, «crescerà dello 0,7% nel 2023, con il terzo e il quarto trimestre caratterizzati da un crescita sostanzialmente piatta, e dello 0,8% nel 2024, leggermente più dinamico e con un’economia in accelerazione nella seconda parte dell’anno».
I dati economici sull’Italia sono contenuti nella quarta edizione dell’Italian Macroeconomic Bulletin, che guarda al 2023 e 2024 in relazione a PIL, inflazione, consumi, politica monetaria e credito bancario, mercato del lavoro, investimenti pubblici e privati.
Le previsioni EY stimano che nel Paese il tasso di inflazione passerà dal 5,9% nel 2023 al 2,7% nel 2024. I consumi privati trainano la crescita del 2023, grazie ad un incremento dell’1,5% rispetto al 2022. Nel 2024prevista una certa resilienza grazie ad una propensione al consumo più alta rispetto alle regolarità storiche.
Secondo le previsioni EY il mercato del lavoro è solido, con un tasso di disoccupazione nel 2024 poco sopra il 7%. Raggiunto il massimo storico ad agosto 2023 sul numero di occupati (circa 23,6 milioni).
«Gli elevati tassi di interesse, arma della Bce per combattere l’inflazione, si traducono in un elevato costo del debito per famiglie e imprese, scoraggiando consumi ed investimenti in tutta l’Unione europea – commenta Mario Rocco, Partner EY, Valuation, Modelling and Economics Leader -. I consumi in Italia, tuttavia, hanno tenuto sinora e saranno ancora sorretti dalle riserve di risparmio e da un mercato del lavoro in salute. È vitaleperò monitorare la capacità reale di spesa dei consumatori appartenenti alla fascia di reddito media, che negli ultimi 20 anni, insieme alle fasce meno fortunate, ha perso molto del suo potere d’acquisto continuando ciononostante a rappresentare una buona quota del gettito dello Stato». Classe media i via di estinzione cheviene nuovamente mazziata e trascurata anche dalla Finanziaria 2024 del governo Meloni.
Proprio riguardo alle capacità finanziarie delle famiglie viene l’allarme della Fabi, la Federazione autonoma dei bancari italiani, secondo cui «sta iniziando un periodo di grande difficoltà delle famiglie italiane. Negli ultimi cinque mesi, da aprile ad agosto, le sofferenze bancarie legate ai cittadini sono aumentate di 600 milioni di euro, passando da 9,3 miliardi a 9,9 miliardi con una crescita attorno al 6,5%. Dal nostro osservatorio privilegiato – afferma il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni -, siamo capillarmente presenti, del resto, in tutti gli istituti di credito del Paese, registriamo segnali di enorme disagio che è prima di tutto economico ed è poi anche sociale».
Per Sileoni «la crescita delle sofferenze bancarie è la spia di una situazione difficile, figlia, purtroppo, del repentino aumento del costo del denaro deciso dalla Banca centrale europea che ha portato il tasso base da zero a 4,5% in appena 14 mesi con 10 rialzi. È un record di cui non c’è da andare particolarmente fieri: la politica monetaria della Bce, infatti, ha avuto un impatto fortissimo sul mercato dei mutui, in particolare quelli a tasso variabile che corrispondo a un terzo del totale ovvero 140 miliardi su complessivi 425 miliardi, con le ratemensili cresciute del 70-80%. L’inversione dell’andamento delle sofferenze deve preoccupare anche perché le banche, come hanno fatto sistematicamente negli ultimi anni, cedono i loro pacchetti di prestiti deteriorati, cioè di rate non pagate, a società specializzate nel recupero crediti e queste società agiscono con modalità discutibili. Ne consegue che il problema delle sofferenze esce dal settore bancario, che ripulisce i suoi bilanci, e viene trasferito sui territori, con conseguenze spesso estremamente dannose per i cittadini e per le imprese».
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