Riqualificazione energetica degli edifici, l’Unione europea accelera

La Commissione spinge per concludere la legislatura con la definizione della nuova norma che scatterà entro il 2027.

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riqualificazione energetica

L’Unione europea continua sulla china del piano fantasmagoricoFit for 55” con cui si vuole azzerare le emissioni climalteranti del continente – attualmente responsabile di solo l’8% del totale globale – entro il 2050, passando attraverso un percorso a tappe forzate che coinvolge la manifattura, la mobilità e anche la residenzialità europea, quest’ultima con l’entrata in vigore dell’obbligo di riqualificazione energetica degli edifici portandoli entro il 2027 almeno in classe energetica E e alla D entro il 2030.

La riqualificazione energetica interessa circa 1,8 milioni di edifici in Italia, attualmente classificati nella classe energetica peggiore G, che dovranno essere riqualificati obbligatoriamente con costi che, al momento, saranno a caricodei proprietari. Uno scenario decisamente inquietante perché l’adeguamento alla classe energetica D (molti faranno direttamente il salto di classe per evitare di avere la propria abitazione continuamente trasformata in un cantiere) costerà una cifra variabile tra i 35.000 e i 50.000 euro ad unità abitativa, pari a circa un milione di euro per un edificio di 20 appartamenti.

Cifre di tutto rispetto, specie per coloro che con mille sacrifici hanno acquistato un bilocale in una delle tante periferie urbane sobbarcandosi un mutuo trentennale, con rate schizzate verso l’alto grazie ad un altro braccio Ue, la Banca centrale, guidata da quella francese Christine Lagarde che si comporta come Maria Antonietta. Solo che gli europei difficilmente passeranno il collo di Lagarde attraverso la lama della ghigliottina, ma mai dire mai.

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Si pensi poi che al 31 maggio 2023 con il Superbonus 110% sono stati ristrutturati in Italia 411.871 immobilicon una spesa già impegnata di oltre 110 miliardi e con una proiezione a 130 miliardi ad operazione conclusa entro il 2024. Cifre colossali, pagate pure anche da coloro che abitano in affitto a favore di coloro che spesso avevano la villetta, la seconda casa o, addirittura 6 castelli, che impallidiscono rispetto a quelle che sarebbero necessarie per riqualificare un numero di edifici grande 4 volte tanto.

Da più parti si inizia a frenare sulla deriva ambientalista voluta dall’Unione europea guidata da Ursula von der Leyen e l’obiettivo dei governi nazionali deve essere il mandare nelle sabbie mobili delle procedure concertate la proposta, facendo entrare l’Unione nel suo semestre bianco in attesa delle elezioni di giugno 2024, in attesa di un nuovo governo continentale meno sbilanciato e con un atteggiamento più realistico e pragmatico.

Intanto, secondo i dati elaborati dall’Enea, prosegue lentamente il miglioramento qualitativo degli edifici italiani. Nel 2022 sono diminuiti del 3,7% in Italia gli immobili nelle classi energetiche peggiori F e G (-3,7%), mentre sono aumentati del 3,7% rispetto al 2021 quelli nelle classi più performanti A4-B.

Circa il 55% di 1,3 milioni di Attestati di prestazione energetica (Ape) emessi nel 2022 da 17 regioni e 2 province autonome riguarda edifici con prestazioni energetiche basse (classi F-G). La quota più consistente di attestati è stata emessa dalla regione Lombardia (20,5%), seguita da Lazio (9,6%) e Veneto (8,4%).

Gli Ape collegati a passaggi di proprietà e locazioni risultano in lieve flessione, pur continuando a rappresentare oltre l’80% del campione analizzato. Aumentano in percentuale la riqualificazione energetica e le ristrutturazioni profonde, che rappresentano rispettivamente il 5,7% e il 4,1% degli Ape emessi nel 2022 (+1,5% per entrambe rispetto al 2021). Sono stati oltre 17.000 gli Ape nella categoria “Edifici a energia quasi zero” tra il 2015 e il 2022.

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