Auto elettrica: Volkswagen taglia nella fabbrica di Zwickau

L'ira della Cina per le indagini Ue sulle auto elettriche. La corte di Giustizia Ue “salva” Vw dalla doppia condanna per lo scandalo “Dieselgate” sulle emissioni truccate in Italia.

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L’auto elettrica non è quel paradiso che, a partire da un gruppo Volkswagen azzoppato dallo scandalo sulle emissioni truccate sui motori Diesel, molti costruttori avevano imboccato obtorto collo sull’onda della pressione della Commissione europea a sua volta “sospinta” dal corso cinese della “nuovamobilità elettrica: a causa delle vendite molto al di sotto delle aspettative delle case dei veicoli elettrici, Volkswagen sta tagliandoposti di lavoro presso la sua fabbrica di auto elettriche di Zwickau nella Germania Orientale.

Sono 269 i contratti a tempo determinato, in scadenza dopo dodici mesi, che non saranno prorogati. Possibili adeguamenti e cambi anche per i turni di lavoro per le maestranze a tempo indeterminato. Il timore è che altri dipendenti con contratti a tempo determinato possano andare incontro a un taglio delle 10.700 persone in forza nella fabbrica dedicata ai veicoli elettrici.

Lo stabilimento di Zwickau, in Sassonia, è stato finora un pioniere della mobilità elettrica di Volkswagen. Oltre ai modelli ID.3, ID.4 e ID.5, vi si producono anche le Audi Q4 e-tron e Q4 Sportback e-tron e la Cupra Born. A causa dell’inflazione elevata e della diminuzione dei sussidi, potenziali acquirenti si stanno spostando le loro intenzioni d’acquisto verso automobili con motore a benzina o diesel.

Intanto, l’auto elettrica sta mandando in tensione i rapporti commerciali tra Europa e Cina sui prospettati daziall’ingresso delle auto cinesi sul mercato europeo per frenarne l’eccessiva competitività supportata da ingenti contributi governativi. Attraverso il ministero del Commercio, il governo di Pechino ha espresso «forte preoccupazione e insoddisfazione» per le indagini sui produttori cinesi annunciate da Bruxelles, avvertendo che avranno «un impatto negativo sui legami economici e commerciali» bilaterali, definendo tale decisione «un puro atto protezionistico che interromperà e distorcerà gravemente la catena globale dell’industria dell’auto e delle forniture». Come l’asino che dà del cornuto al bue.

Visto da Pechino, lo scontro con Bruxelles era l’ultimo degli scenari auspicabili, tra le tensioni con gli Usa e le difficoltà economiche interne. Sabato, nel vertice con Ursula von der Leyen al G20 di New Delhi, il premier cinese Li Qiang aveva chiesto «un ambiente non discriminatorio» per le imprese di Pechino, al fine di mantenere la stabilità nei rapporti sino-europei contro le incertezze globali e contro un’escalation bilaterale. Invece, von der Leyen (“von der Hawk” sui social in mandarino per la postura da falco anti-cinese) nel suo discorso sullo stato dell’Unione europea ha affermato che «i mercati globali sono ora inondati di auto elettriche più economiche. E il loro prezzo è mantenuto artificialmente basso da enormi sussidi statali».

Intanto, la Corte di Giustizia europeasalva” il gruppo Volkswagen dal rischio di una condanna doppia per gli effetti dello scandalo sulle emissioni truccate del 2016, ottenendo un parziale successo nella controversia legalesulla possibile doppia sanzione per pratiche scorrette nella commercializzazione di veicoli diesel in Italia, stabilendo che «il principio del “ne bis in idem” si applica alle sanzioni irrogate per pratiche commerciali sleali qualificate come sanzioni amministrative di natura penale».

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