Autonomia speciale, bilancio negativo della giunta Fugatti

La legislatura che sta per concludersi il 22 ottobre non ha portato a casa la blindatura dello Statuto speciale dalle ingerenze parlamentari, né maggiori competenze. Serve il rilancio della Regione.

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Autonomia speciale

La celebrazione della Giornata dell’Autonomia a Trento e a Bolzano ha dato l’occasione per fare il bilancio sui risultati conseguiti dall’Autonomia speciale nel corso della legislatura che sta per terminare con le elezioni che si svolgeranno il 22 ottobre prossimo. E i risultati sono poco lusinghieri. Specie sul fronte Trentino.

Tra le tante occasioni sfumate, spicca la mancata modifica dello Statuto speciale per introdurre la necessità di un’intesa con l’Autonomia speciale stessa nel caso di una modifica portata con legge costituzionale allo Statuto speciale da parte del Parlamento seguendo la procedura rafforzata. Di fatto, il Parlamento sovranamente potrebbe modificare unilateralmente il profilo dell’Autonomia speciale, pure peggiorandola, anche se questa è frutto di un accordo internazionale siglato tra Austria e Italia al fine di tutelare le minoranze etniche tedesche e ladine presenti sul territorio del Trentino Alto Adige. Nonostante la presenza di un federalista convinto come Roberto Calderoli al ministero delle Regioni, non se ne è fatto nulla.

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Il bilancio è negativo anche su altri fronti, come quelli delle leggi bandiera volute dalla maggioranza di centro destradel Trentino guidata dal leghista Maurizio Fugatti che hanno fruttato solo l’impugnativa del Governo e la bocciaturaalla Corte costituzionale, trascurando provvedimenti ben più necessari come il recupero delle competenze eroseall’Autonomia speciale e dalle sentenze della Corte costituzionale a partire dal 2001, ambito su cui s’è invece impegnato a fondo l’Alto Adige.

Ma a mancare in Trentino è stato soprattutto l’impegno sul fronte economico, con la giunta Fugatti che consegna al suo successore un Trentino azzoppato, specie in confronto con l’Alto Adige, facendo emergere la differenza abissalenella capacità di governo dei suoi amministratori uscenti rispetto ai cugini altoatesini, che si concretizza nella mancanza di ben 3 miliardi di euro al bilancio provinciale trentino.

Un tema su cui dovrà confrontarsi il prossimo governo dell’Autonomia speciale sarà il riportare all’interno della regione Trentino Alto Adige tutte quelle competenze oggi delegate alle due province autonome che, per ragioni di efficacia e di economicità, necessitano di un bacino d’utenza di almeno un milione di abitanti, a partire dalla gestionedella sanità – clamoroso l’errore di fare da zero due distinte facoltà universitarie di medicina a Trento e a Bolzano quando ne basterebbe una senza partire invece dalle scuole di specializzazione per dare ai medici laureati la possibilità di conseguire una borsa di studio e di dare il proprio apporto professionale alla rete ospedaliera locale -, dell’ambiente e delle infrastrutture di interesse regionale, oltre a tutte quelle competenze, attualmente non previste, che rientrano all’interno della maggiore autonomia prevista dalla riforma per le regioni ordinarie.

Infine, la sfida sarà quella di allargare la tutela dell’Autonomia speciale a quelle minoranze confinanti con il Trentino Alto Adige che da sempre sono dei paria, come i Ladini del Bellunese. Si tratta di una questione di pari trattamento a tutte le minoranze etniche, linguistiche e culturali, che vedono quelle residenti nel territoriodell’Autonomia giustamente protette e tutelate, mentre le altre seppure confinanti no.

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