Sono le Pmi italiane a tirare l’export nazionale

Studio Sace: da settore arriva la metà del fatturato da commercio estero.

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In occasione della IL edizione del Forum di Cernobbio, Alessandra Ricci, amministratore delegato di SACE, insieme ad Alessandro Terzulli, responsabile economico di SACE, e Lorenzo Tavazzi, Partner e Responsabile dell’Area Scenari e Intelligence e dello sviluppo internazionale di The European HouseAmbrosetti, hanno presentato la ricercaPiccole, medie e più competitive: le Pmi italiane alla prova dell‘export tra transizione sostenibile e digitale” realizzata dall’Ufficio Studi di SACE in collaborazione con The European House – Ambrosetti, con un focus sulle prospettive di sviluppo delle Pmi italiane di fronte alle sfide dei mercati internazionali.

Lo studio rappresenta un approfondimento che valorizza le Pmi italiane con oltre 40.000 affiancate da Sace «nei loro progetti di investimento e crescita sostenibile in Italia e nel mondo e contiamo di raggiungerne 65.000nell’arco di Piano» sottolinea Ricci.

Le PMI rappresentano la spina dorsale dell’economia italiana e giocano un ruolo importantissimo sia in chiave economica sia in chiave sociale: le oltre 200.000 piccole e medie imprese italiane producono un giro di affari di oltre 1.000 miliardi di euro, generano quasi il 40% del valore aggiunto nazionale e impiegano 5,4 milioni di persone, pari a un terzo di tutti gli occupati. Le Pmi italiane sono fortemente interconnesse e sviluppano con il loro ecosistema forme di innovazione e collaborazione aperte per poter accedere a risorse strategiche (come conoscenza, tecnologia, finanza o competenze) per la loro crescita. Un network che fa della resilienza e della sostenibilità la chiave del proprio sviluppo.

Al centro delle catene globali del valore e dei numerosi distretti industriali, elemento fondamentale della diffusione e affermazione del Made in Italy nel mondo, con un ruolo di “connettore sociale” e di attore chiave nei processi di transizione verso un mondo più sostenibile, digitale e interdipendente, le Pmi italiane offrono da sempre un contributo rilevante per lo sviluppo economico, tecnologico e sociale del Paese. Nonostante alcuni segnali di attenzione emersi nel corso del primo trimestre 2023, le Pmi italiane possono contare su una struttura finanziaria rafforzatasi negli ultimi anni e su livelli di debito relativamente contenuti, che permettono loro di mitigare, almeno in parte, l’esposizione agli effetti avversi legati al peggioramento delle condizioni creditizie.

Per Terzulli «obiettivo dello studio è sottolineare, in considerazione della loro importanza, le caratteristiche che contraddistinguono le oltre 200.000 Pmi italiane, al fine di valorizzarne le qualità e aiutarle a cogliere le opportunità di sviluppo nel panorama nazionale e internazionale, anche alla luce della duplice sfida della transizione sostenibile e digitale».

Il dinamismo del tessuto produttivo delle PMI, testimoniato dal forte incremento di produttività del lavororegistrato nel decennio 2010-2019 e che ha raggiunto livelli superiori a quella di Germania e Spagna, si è riflesso anche in un miglioramento della competitività sui mercati internazionali.

Le PMI italiane nel 2021 (ultimo dato disponibile) hanno esportato 219 miliardi di euro, pari a circa la metàdell’export complessivo, con una crescita media annua del 2,7% tra il 2017 e il 2021, segnando un pieno recupero post-pandemico. Attualmente le Pmi italiane realizzano all’estero circa un terzo del proprio fatturato(ben 8 punti percentuali sopra alle tedesche) e contribuiscono al 48% dell’export nazionale, rispetto al 20%delle tedesche e delle francesi e al 34% delle spagnole. Un trend che si rafforza anche in prospettiva: secondo le previsioni elaborate dall’Ufficio Studi di SACE, le esportazioni delle Pmi italiane sono attese crescere quest’annodel 6,2%, del 4% nel 2024 e del 3,2%, in media, nel biennio successivo (2025-2026), quando supereranno i 300 miliardi di euro.

Con riferimento ai mercati di destinazione, a guidare la crescita dell’export delle Pmi italiane quest’anno sarà l’Oriente: Medio Oriente, Asia orientale e centrale sono le aree per cui si prevedono infatti i maggiori incrementi (rispettivamente +10,1%, +9,2%, +8,4%), a fronte di tassi inferiori per l’Europa (+5,5%) e per l’America settentrionale (+6,6%) che rimangono comunque in valore assoluto le principali geografie di sbocco. Nel 2024 un maggiore dinamismo si rileverà in Africa subsahariana (+5,6%), America centro-meridionale(+5,4%) e America settentrionale (+5,1%).

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