Lavoro autonomo: una partita Iva su due pentita della scelta fatta

Il settore sconta l’abbandono dei governi degli ultimi anni che hanno privilegiato i dipendenti piuttosto che gli autonomi. Pure il governo Meloni pare cambiare poco.

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lavoro autonomo liberi professionisti

Il lavoro autonomo è in profonda crisi per via dell’abbandono e trascuratezza del settore da parte dei governidegli ultimi 10 anni almeno, tanto che oggi un lavoratore autonomo su due si è pentito di aver intrapreso questa strada e non la consiglierebbe ad altri.

Preoccupazioni e incertezze sono i fattori che più incidono sul giudizio negativo, che si conferma anche sulfronte politico, con giudizi «altamente critici nei confronti delle scelte del Governo Meloni sull’economia».

I dati sul lavoro autonomo sono i risultati del sondaggio che il Centro studi autonomi e partite Iva ha fatto svolgere da Swg, rivolto ad un campione rappresentativo di lavoratori autonomi e partite Iva con fatturato fino a 350.000 euro.

Le “emozioni” legate all’avere una partita Iva sono prevalentemente legate a “preoccupazione” (42%) e “incertezza” (40%), mentre “orgoglio” (12%) e “fiducia” (9%) chiudono la classifica. Tanto che «oltre la metà dei rispondenti si pente di aver intrapreso la strada del lavoro autonomo e non la consiglierebbe ad altri».

Il sondaggio rivela ancora dati che fanno riflettere. La maggioranza degli intervistati è attratta dalla prospettiva di varcare i confini con la propria attività e il 17% sta seriamente valutando tale opportunità. Pessimisti e ottimisti si equivalgono, ma per alcune categorie il futuro appare più nero: i commercianti, e tra loro soprattutto le donnehanno una visione negativa.

Il rapporto con la politica è particolarmente approfondito. Lavoratori autonomi e partite Iva risultano altamente critici nei confronti delle scelte del governo Meloni sull’economia. Solo tra gli imprenditori le valutazionipositive superano il 30%, restando comunque basse.

Alla voce politica c’è più di un elemento che colpisce: alla domanda su quale partito rappresenti meglio gli interessi degli imprenditori, di autonomi o partite Iva, solo il 30% risponde indicando partiti di Centrodestra. E non perché privilegino gli altri: il Pd verrebbe scelto solo dal 7%, che salgono a 9% per il Movimento cinque stelle. «Nessun partito ci rappresenta» è l’opzione votata dal 31% dai partecipanti al sondaggio.

In una domanda successiva, gli intervistati testimoniano anche di non riscontrare una rappresentanza di categoria valida tra le associazioni e le sigle esistenti. Luci e ombre si alternano.

Chi vive di lavoro autonomo sconta un eccessivo peso del fisco, indicato come principale problematica da risolvere soprattutto per chi ha un fatturato ridotto. Sul podio delle criticità ci sono, per il campione sondato, carico fiscale pesante, quantità di procedure burocratiche, l’eccesso normativo di leggi e regolamenti. Il rapporto con le tasse non è però sempre e solo critico. Per il 54% delle partite Iva intervistate, pagare le tasse è un dovere civico ed uno strumento di equità. Solo il 25% definisce le tasse come un freno allo sviluppo economico e solo il 21% come uno strumento vessatorio.

Il livello di tassazione, però, riunisce il campione: per l’81% è troppo elevato; per il 15% va bene così com’è. Solo una sparuta minoranza, per il 3% è abbastanza basso, per l’1% è molto basso. Forse per queste due ultime categorie c’è il vantaggio di potere lavorare in nero o di sottofatturare, stando all’interno degli scaglioni dove il prelievo è basso o inesistente.

Anche sull’accesso al credito e sull’accensione dei mutui le partite Iva condividono gli stessi problemi: per il 46% del campione è sempre difficile ottenere credito in banca, anche se l’Italia dovrebbe essere la patria delle Pmi. Nell’accesso al credito hanno maggiori difficoltà le partite Iva sopra i 100.000 euro di fatturato annuale, mentre va meglio per chi fattura tra i 50.000 e i 100.000 euro e decisamente bene per chi fattura sotto i 50.000 euro, evidente testimonianza di come le banche tendano sempre più a ridurre i rischi di insolvenza.

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