La casta politica colpisce ancora con la deliberazione di un aumento di stipendio per i capigruppo della Camera. Con una delibera votata all’unanimità – M5s compreso – dall’Ufficio di presidenza di Montecitorio e l’astensione dei rappresentanti di Pd, Avs e Iv, ai presidenti dei nove gruppi parlamentari verrà corrisposta dalla Camera una indennità aggiuntiva pari a quella già erogata ai presidenti di commissione, pari a 2.226,92 euro lordi al mese, 1269,34 euro netti. L’aumento arriverà, ma ridotto alla metà, anche per i presidenti delle due componenti del gruppo parlamentare Misto.
Un provvedimento anche fondato, visto che fare il capogruppo, specie se di un gruppo numeroso, è un incaricotutt’altro che facile, non foss’altro che tenere la briglia dei parlamentari e tenere sotto controllo il rispetto delle presenze per evitare che la maggioranza di governo vada in minoranza, come è già succeduto qualche volta.
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Però, la casta colpisce ancora, appena approvata la norma, ha subito tirato indietro la mano, nascondendola. La capogruppo del Pd Chiara Braga quei soldi in più in busta paga non li vuol prendere. Francesco Silvestri (M5S), il cui gruppoquella delibera la ha votata, rinuncia all’aumento. E anche Tommaso Foti di Fratelli d’Italia ha annunciato dirinunciare all’indennità.
Per il 2023 l’indennità aggiuntiva sarà a carico dei bilanci dei singoli gruppi parlamentari. Dal 2024 sarà, invece, erogata direttamente dalla Camera, la cui spesa però comunque non aumenterà. Le risorse necessarie per queste nuove indennità saranno prelevate dal contributo concesso dalla Camera ai gruppi parlamentari. E quindi, viene spiegato, l’operazione è ad invarianza di spesa rispetto al bilancio complessivo di Montecitorio.
«Non si prevede nessun aumento di spesa per il bilancio della Camera dei Deputati – sottolinea il questore Paolo Trancassini -. Con questa indennità, che dovrà essere prelevata dal contributo che viene versato ai gruppi parlamentari, viene riconosciuta l’importanza del ruolo e delle attività dei presidenti dei Gruppi parlamentari. Ribadisco che questa operazione non prevede nessun aumento di spesa, neanche di un centesimo». Probabilmente per fare quadrare i conti i gruppi dovranno tagliare qualcosa, forse qualche consulenza esterna.
E al Senato? A Palazzo Madama nulla in materia di indennità aggiuntive ai capigruppo è codificato. Tuttavia, i gruppi godono di autonomia finanziaria. Non è escluso, dunque, che qualche gruppo dia ogni mese qualcosa in più ai propri presidenti. Ma non si sa né chi lo faccia né per quali somme.
Ma intanto la casta colpisce ancora e non molla le grinfie sui soldi pubblici, anche perché nonostante il taglio di un terzo dei parlamentari, i bilanci di Camera e Senato sono rimasti praticamente invariati rispetto alla situazione ante taglio, con il risultato che di fatto le disponibilità finanziarie dei gruppi parlamentari sono aumentate di un terzo, 30,9 milioni/anno per la Camera (su un bilancio complessivo di 943,2 milioni/anno) e 22 milioni/anno per il Senato (su un bilancio di 505,3 milioni/anno).
Insomma, la casta, come il lupo, perde il pelo ma non il vizio, affondando sempre e comunque le grinfie nelle finanze pubbliche.
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