Le ultime elezioni regionali del 2023 si stanno avvicinando e il Trentino Alto Adige vive una situazione a doppia velocità, con un Alto Adige lanciato verso il terzo mandato del presidente uscente espressione della Svp, Arno Kompatscher, e dove l’unica novità è costituita dalla discesa in campo di Vittorio Sgarbi che ha proposto di lanciare proprio in questa terra il sogno politico di Silvio Berlusconi, quel partito Repubblicano sintesi delle attuali formazioni moderate di centro destra, mentre per il Trentino 2023 è tutt’altra musica.
In Trentino il presidente uscente, il leghista Maurizio Fugatti, rischia di rimanere solo uscente, similmente al suo predecessore, l’ex Patt e neo Azione Ugo Rossi, nonostante le pressioni del leader nazionale della Lega, Matteo Salvini, che si è sbracciato nel sostenere l’indifendibile suo sodale con uno scontato “squadra che vice non si cambia”, probabilmente non accorgendosi che la situazione politica del 2018 – così come quella del 2019 – è drasticamente mutata rispetto all’oggi, soprattutto in Trentino 2023.
Nel giro di una legislatura scarsa, anche in Trentino la Lega Salvini al governo dell’Autonomia speciale è riuscita a liquidare il clamoroso successo dell’ottobre 2018, quando risultò essere il primo partito, surclassando il Pd. Da allora ad oggi, complice eventi esogeni come la tempesta di Vaia e la pandemia da Covid, ma soprattutto la scarsa dimestichezza con la gestione del potere e della macchina di governo dell’Autonomia speciale da parte di una serie di personaggi improvvisati diventati assessori senza la minima esperienza politica e, soprattutto, preparazione tecnica, ha fatto il resto, unitamente al fatto di avere mantenuto all’interno delle segreterie politiche degli assessorati e dei dipartimenti praticamente tutto il personale dei governi precedenti, pure quelli espressione di incarichi fiduciari da parte di partiti agli antipodi della Lega Salvini. Una situazione che non ha sicuramente avvantaggiato l’azione di governo del leghista Fugatti, anzi: di fatto l’ha boicottata.
Il combinato disposto tra cause esogene ed indipendenti dalla volontà politica (la pandemia e la tempesta) ed endogene (l’incapacità nota e successivamente acclarata di Fugatti e di gran parte della sua cerchia di fidati e fidatissimi nella gestione del potere) ha fatto sì che la situazione già critica ereditata dal passato dalla nuova maggioranza di centro destra a guida leghista si sia progressivamente aggravata, allargando a dismisura il divario che separa l’Autonomia del Trentino da quella dell’Alto Adige, soprattutto in termini di sviluppo dell’economia locale – che alimenta direttamente con il gettito tributario il bilancio provinciale: ben 2 miliardi di differenza! – e di gestione delle competenze autonomistiche, spesso utilizzate per entrare in conflitto con i poteri dello Stato che ha reagito a botte di sentenze della Corte costituzionale che hanno rimandato al mittente le spesso improvvide fughe in avanti di Fugatti & C.
Il problema attuale del centro destra in vista di Trentino 2023 è che anche i rapporti di forza tra Lega Salvini e Fratelli d’Italia sono drasticamente cambiati, con la prima che, anche alle Politiche del settembre 2022, si è più che dimezzata, mentre la seconda è passata dall’1,80% del 2018 al 24%. Ovvio che dal partito di Giorgia Meloni si chieda un riassetto degli equilibri, specie alla luce del fatto che Maurizio Fugatti non è riuscito ad offrire una buona prova di governo, finendo con lo scontentare tutti, dagli imprenditori ai sindacati.
Di qui la proposta di Fratelli d’Italia per Trentino 2023 di cambiare candidato, lanciando già da qualche mese una candidatura alternativa, quella di Francesca Gerosa, innescando però una pericolosa situazione di stallo politico tra le due maggiori forze politiche del centro destra, che potrebbe far ripetere anche in Trentino lo scenario già verificatosi a Verona, dove il centro destra potenzialmente vittorioso è finito sconfitto dal centro sinistra non tanto per i meriti del vincitore, ma per i demeriti dei perdenti.
In questa situazione, da più parti si reclama la discesa in campo di una candidatura alternativa capace di rasserenare gli animi e di garantire l’unitarietà del centro destra, oltre ad avere un indiscutibile pedigree politico, essendo già stato per più legislature consigliere dell’Autonomia speciale e senatore della Repubblica. Profilo ideale che, secondo le indiscrezioni che arrivano anche da Fratelli d’Italia, potrebbe essere quello del leghista Sergio Divina, il quale indosserebbe i panni del moderno Cincinnato in salsa autonomistica.
«Non è un mistero che siano settimane che ricevo continue chiamate da esponenti di primo piano della maggioranza nazionale che mi chiedono di dare una mano per tenere unito il centro destra – commenta Divina -. Personalmente sono rammaricato della situazione che si è venuta a creare. Nessuno può arrogarsi il diritto di svilire i propri alleati storici e potenziali» afferma in riferimento alle esternazioni fatte recentemente dal commissario trentino della Lega Salvini, l’ex deputato Diego Binelli, che, riferendosi a Fdi, ha detto «se volete venire in maggioranza alle nostre condizioni, bene. Altrimenti facciamo anche senza di voi».
Per Divina c’è di mezzo una questione di merito: «non si fa affatto così in politica! Non si possono porre precondizioni a prescindere come quella che sulla “ricandidatura del presidente uscente non si discute”». Già, perché nei casi delle recenti elezioni regionali in Sicilia e in Molise è stata proprio la maggioranza uscente di centro destra a cambiare il proprio candidato governatore uscente: l’arrocco della Lega Salvini su Fugatti appare quindi infondato, tanto più che nelle due regioni dove il candidato presidente del centro destra è stato cambiato, si è pure vinto le elezioni. Cosa che l’eventuale riconferma di Fugatti in Trentino non è affatto scontata, anzi.
«Senza scomodare altre regioni, basta riandare all’estate del 2018, quando in Trentino ci fu l’impuntatura del Patt nel volere riconfermare alla presidenza il proprio candidato Ugo Rossi, mentre il Pd, che era il partito di larga maggioranza della coalizione di centro sinistra, voleva esprimere un proprio candidato – chiosa Divina -. Il risultato del muro contro muro fu che il centro sinistra autonomista si spaccò e nessuno dei due candidati riuscì a vincere, aprendo la porta per la vittoria del centro destra». E oggi c’è il rischio dei corsi e ricorsi, questa volta sul fronte opposto, quello del centro destra.
Come se ne esce? «Bisogna mettere da parte arroganza e supponenza, per puntare non sui personalismi, ma sulle cose da fare, mettendo al centro della discussione politica il Trentino con la sua Autonomia speciale e l’economia che alimenta il bilancio provinciale – afferma Divina -. Per quanto mi riguarda, io mi prodigherò fino alla fine perché ciò si possa concretizzare».
Se quella di Divina non è ancora una discesa in campo ufficiale per la guida dell’Autonomia trentina e per evitare un fallimento del centro destra, poco ci manca, ma la soluzione finale, cui stanno lavorando alacremente – stando alle indiscrezioni che giungono dai vertici nazionali del centro destra -, dovrebbe arrivare entro le prossime ore.
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