Confindustria avverte: «ora la crescita italiana è più fragile»

Secondo il Centro studi aumentano i segnali di indebolimento, preoccupa l'industria e l’attività manifatturiera.

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Secondo l’indagine flash relativa al mese di giugno 2023 del Centro studi Confindustria sono «in aumento isegnali di indebolimento dell’economia italiana, soprattutto nell’industria» e nel Paese c’è oggi una «crescita più fragile».

Per Confindustria «si continuano ad accumulare segnali di indebolimento, specie per l’industria e le costruzioni»: il +0,6% del Pil italiano nel primo trimestre frutta una crescita già acquisita del +0,9% nel 2023 ma nel frattempo, pesano «il lento calo dell’inflazione» ed «il credito più caro», i servizi «sono meno dinamici» e «nei consumi delle famiglie ci sono meno beni, in particolare alimentari, e più servizi».

A pesare negativamente c’è anche «il rialzo dei tassi di interesse» tra i fattori che potrebbero «indebolire nei prossimi mesi la dinamica dei consumi, specie di beni durevoli, più sensibili al costo del credito».

Secondo l’analisi del Centro studi Confindustria «le costruzioni reggono», con una produzione che ha subitouna forte flessione in aprile (-3,8%) dopo il +1% segnato nel primo trimestre ma con l’indicatore sui nuovi cantieri che anticipa comunque un andamento stabile dell’attività del settore nel secondo trimestre che sta per concludersi. Anche l’Rtt (il nuovo indicatore utilizzato dal Centro studi di Confindustria) segnala a maggio un rimbalzo del fatturato.

Preoccupa in particolare l’industria che «perde terreno» secondo lo studio: in aprile si è accentuato infatti il calodella produzione (-1,9%), mettendo in fila la quarta contrazione mensile consecutiva. «Accusa il colpo la manifattura (-2,1%), settore che finora aveva tenuto bene». Per maggio si mettono in evidenza «segnali misti: il Pmi manifatturiero è sceso ancor più in area di contrazione (45,9 da 46,8) e la fiducia delle imprese è di nuovo calata. L’indice “Rtt” del centro studi «invece, segnala un rimbalzo dopo il brutto dato di aprile».

Nel quadro generale il Centro studi Confindustria guidato da Alessandro Fontana vede «investimenti deboli» ed una «domanda estera in calo per i beni».

E nello scenario globale vengono sottolineati i «segnali di rallentamento nell’Eurozona», mentre negli Stati Unitiè in atto un «brusco stop per l’industria» ed una fiducia dei consumatori americani «risalita dopo la correzione al ribasso di maggio». Per quanto concerne invece la Cina, gli economisti di Confindustria segnalano una «ripartenza sotto le attese» mentre è andata «bene la manifattura indiana, trainata dalla domanda domestica e internazionale, e anche quella russa, che segna il record da fine 2000 per la crescita dell’occupazione sebbene in piena crisi geopolitica con la guerra in Ucraina. L’industria brasiliana, invece, resta in calo, seppur in lieve miglioramento a maggio».

Sul fronte dei consumi l’analisi riportata nell’ultimo report emerge anche una apparente incoerenza: meno acquisti di alimentari (una «zavorra alla risalita dei consumi totali» viene sottolineato) ma più pasti fuori casa e più consegne di cibi a domicilio (ed è questa una voce che incide sui servizi mettono in evidenza dal Csc): si tratta con netta evidenza di una delle dinamiche innescate dall’impatto del covid e dall’uscita dalla pandemia che ha influenzato le abitudini degli italiani ma, anche, il diverso impatto dell’inflazione sui diversi settori produttivi e merceologici (+11,4% annuo gli alimentari, +6,5% i ristoranti).

Confindustria ribadisce quindi come il rialzo dei tassi di interesse, così come delineato dalle ultime dichiarazioni della Bce, potrebbe indebolire nei prossimi mesi la dinamica dei consumi, specie di beni durevoli, più sensibili al costo del credito (vedi le automobili)», già ben oltre la doppia cifra. Per gli industriali italiani ciò costituisce un «freno all’industria».

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