La Giornata di Liberazione Fiscale 2023 quest’anno cade l’8 giugno prossimo, con ben un giorno d’anticipo rispetto al 2021 secondo i calcoli effettuati dalla Cgia di Mestre: in questa data, i contribuenti italiani terminano di pagare le tasse, le imposte, i tributi e i contributi sociali necessari per far funzionare le scuole, gli ospedali, i trasporti, per pagare gli stipendi ai dipendenti pubblici, le pensioni, etc. e dal giorno successivo e fino al prossimo 31 dicembre, invece, gli italiani lavoreranno per sé stessi e le loro famiglie.
Secondo l’Ufficio studi della CGIA nel 2023 sono stati necessari ben 158 giorni di lavoro (sabati e domeniche inclusi) per adempiere a tutti, troppi, i versamenti fiscali previsti quest’anno (Irpef, Imu, Iva, Irap, Ires, addizionali varie, contributi previdenziali/assicurativi, etc.).
Dal 1995, la data della Giornata di Liberazione Fiscale più anticipata nel calendario si è verificata nel 2005. In quell’occasione, la pressione fiscale si attestò al 39% e ai contribuenti italiani “bastò” raggiungere il 23 maggio(“solo” 142 giorni lavorativi) per lasciarsi alle spalle l’impegno economico richiesto dal fisco.
Osservando sempre il calendario, quella più in “ritardo“, invece, si è registrata nel 2022, quando la pressione fiscale ha raggiunto il record storico del 43,5% e, di conseguenza, la Giornata di Liberazione Fiscale è “scoccata” il 9 giugno.
La Giornata di Liberazione Fiscale non costituisce un principio assoluto, ma un esercizio teorico che dimostra empiricamente, se ancora ce ne fosse bisogno, quanto sia eccessivo il carico fiscale che grava sugli italiani. Una specificità che emerge in misura altrettanto evidente anche quando si confronta la pressione fiscale italiana con quella dei paesi UE. Nel 2022, solo la Francia e il Belgio hanno registrato un peso fiscale superiore a quello italiano. Se a Parigi la pressione fiscale era al 47,7% del Pil, a Bruxelles si è attestata al 45,1%. In Italia, invece, ha toccato la soglia record del 43,5%, piazzandosi tra i 27 dell’UE al terzo posto di questa poco invidiabile classifica. La Germania, invece, si è posizionata al IX posto con una pressione fiscale del 41,9%, mentre la Spagna si piazza al XII posto con il 38,5%. La media dei Paesi dell’Area dell’Euro è stata del 41,9%.
Oltre a celebrare la Giornata di Liberazione Fiscale, il mese di giugno si caratterizza anche per l’ingorgo fiscalecausato da ben 115 diverse scadenze, mediamente 4 al giorno.
A livello territoriale, le regioni che pagano più tasse sono ovviamente quelle più ricche, a partire dall’Alto Adigedove nel 2019 – ultimo dato disponibile è quello relativo alle dichiarazioni del 2020 sui redditi del 2019 – ogni residente di questo territorio ha pagato mediamente 13.158 euro tra tasse, imposte e tributi. Seguono i lombardicon 12.579 euro, i valdostani con 12.033 euro, gli emiliano romagnoli con 11.537 e i laziali con 11.231 euro. La Calabria, invece, è l’area dove il “peso” del fisco è più contenuto: ogni residente di questo territorio ha pagato all’erario mediamente 5.892 euro. Il dato medio nazionale è pari a 9.581 euro.
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