L’economia italiana cresce più del previsto, meglio degli altri “grandi” europei

Primo trimestre 2023 a +0,6%. Inflazione rallenta al 7,6%.

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L’economia italiana corre più del previsto e più di Francia, Germania (in recessione) e della mediadell’Eurozona, evidenziando come la frenata di fine 2022 sia stata solo temporanea e che la ripresa post pandemia non ha subito passivamente le turbolenze generate dalla guerra e le conseguenze del caro-energia.

Nel primo trimestre 2023 il Pil italiano è cresciuto dello 0,6% rispetto al periodo ottobre-dicembre contro il +0,5% stimato dall’Istat appena un mese fa e contro il +0,1% dell’Eurozona, su cui ha pesato inesorabilmente il calo dello 0,3% registrato dall’economia tedesca finita in recessione dopo due trimestri consecutivi in negativo.

Su base annua l’economia italiana è cresciuta dell’1,9%, anche in questo caso 0,1 punti in più rispetto alla stima di aprile ed è aumentata anche la stima della crescita acquisita, quella che si realizzerebbe cioè se nei prossimi tre trimestri la variazione del Pil fosse nulla, chiuderebbe l’anno con un +0,9% (contro il +0,8% stimato ad aprile), praticamente ad un soffio dalla previsione del governo contenuta nel Def pari a +1%, confermata anche dal governatore di Bankitalia, Ignazio Visco nelle sue “considerazioni finali”.

Il traguardo della crescita indicata dal governo Meloni nel Def appare sempre più raggiungibile, come fatto intendere più volte anche dal governo, alludendo anche a previsioni migliorabili.

Negli ultimi due anni, il tessuto produttivo italiano ha sostanzialmente tenuto: le imprese più forti, sopravvissute alla tempesta del Covid, hanno saputo reagire e i servizi hanno rialzato la testa trainati dall’esplosione del turismo. Il riconoscimento arriva anche da Moody’s che, proprio in concomitanza con le rilevazioni dell’Istat, ha alzato le proprie stime sulla crescita italiana per il 2023, portandole dal +0,3% stimato a fine febbraio e +0,8%.

Segnali positivi si riscontrano anche sul fronte prezzi. A maggio l’inflazione ha rallentato, tornando al 7,6% dopo la breve fiammata di aprile sopra l’8%. La decelerazione è legata soprattutto alla perdita di vigore del caro-energia. Su base tendenziale i prezzi dei beni energetici non regolamentati sono passati dal +26,6% di aprile al +20,5% di maggio. A frenare sono stati poi, in misura minore, gli alimentari lavorati passati da +14,0% a +13,4%.

La tendenza al calo ha coinvolto anche il “carrello della spesa”, leggermente meno caro con il passaggio da +11,6% a +11,3%. Un rallentamento non sufficiente però a convincere i consumatori e le associazioni dei commercianti. Per tutti l’allarme inflazione resta e va monitorato con attenzione. Anche perché il tasso acquisito per il 2023 è al 5,6%, ben lontana dall’obiettivo Bce del 2%.

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