Il “Cavo Napoleonico” ha salvato dall’alluvione la pianura della bassa Emilia Romagna

Scolmatore del fiume Reno nel Po di 18 km concepito dagli ingegneri napoleonici e realizzato negli anni Sessanta del secolo scorso.

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cavo napoleonico bolognese

Scolmatore del fiume Reno nel Po di 18 km concepito dagli ingegneri napoleonici e realizzato negli anni Sessanta del secolo scorso.

Quattordici milioni di metri cubi: è la quantità d’acqua che, nell’arco di circa 40 ore, da venerdì a domenica scorsa, il “Cavo Napoleonicoha scaricato dal fiume Reno nel Po. Un volume enorme, decisivo per ridurre il picco di piena in passaggio sul Reno e per mantenere i livelli all’interno degli argini nel tratto di valle, verso Gallo, Gandazzolo e Ravenna.

Se il peggio, anche nel bacino del Reno, è stato scongiurato, lo si deve ancora una volta al “Cavo Napoleonico”, il canale artificiale lungo 18 chilometri che, partendo dalla località di Sant’Agostino, nel Ferrarese, collega il Reno con il Po.

Una vera e propria valvola di sfogo: al “Cavo Napoleonico” è affidato lo “scolmo” delle piene del Reno più gravose verso il Po, che con la sua maggiore ampiezza può accogliere notevoli quantitativi di acqua. È anche dal “Cavo”, in gestione all’Agenzia regionale per la sicurezza territoriale e la Protezione civile (Ufficio territoriale di Bologna), che dipende la sicurezza della bassa pianura bolognese, ferrarese e, in parte, ravennate.

Con le forti piogge dei giorni scorsi, si è registrato un significativo innalzamento dei livelli idrometrici su tutti i corsi d’acqua del bacino del Reno, con particolare attenzione al Reno stesso. Le misurazioni all’idrometro della Chiusa di Casalecchio, alle porte di Bologna, avevano da subito confermato le condizioni critiche previste per l’intera asta fluviale, in particolare nel tratto più delicato, noto come “Cavo Benedettino”, che si estende da Sant’Agostino per circa 30 chilometri e si collega all’antico corso abbandonato del Po di Primaro, per arrivare fino al mare.

Per far fronte a questa situazione, è stato necessario attivare uno dei più importanti sistemi idraulici del territorio: l’opera Reno Panfilia”, il “Cavo Napoleonico” e l’opera Po, anticipando il passaggio della piena.

Nell’arco di circa 40 ore, il “Cavo napoleonico” ha scaricato nel Po circa 14 milioni di metri cubi d’acqua: una quantità significativa che ha permesso di ridurre il picco di piena e di mantenere i livelli all’interno delle arginature nel tratto di valle, senza peraltro attivare lo “sfioratore del Gallo”, utilizzato eccezionalmente lo scorso ottobre.

cavo napoleonico bolognese

Il “Cavo Napoleonico”, formalmente conosciuto come “scolmatore di Reno”, è un canale artificiale che collega il fiume Reno, partendo da Sant’Agostino (in località Panfilia), al fiume Po, e precisamente presso Salvatonica, in comune di Bondeno. Si tratta di un tragitto di circa 18 chilometri, la cui idea progettuale risale ai primi anni dell’Ottocento, a opera degli ingegneri di Napoleone Bonaparte.

L’impianto, completato dall’allora Ufficio Speciale per il Reno e collaudato a metà degli anni Sessanta del secolo scorso, è ora in gestione all’Agenzia regionale per la sicurezza territoriale e la Protezione civile (Ufficio territoriale di Bologna).

Il “Cavoha in realtà una doppia funzione: accogliere parte delle acque del Reno durante il periodo di piena e condurle al Po (scolmatore), ma anche alimentare, con flusso invertito, il Canale Emiliano-Romagnolo per l’irrigazione dei campi quando i corsi d’acqua hanno portate insufficienti ai fabbisogni estivi.

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