Fidenza batte Trento per 28 milioni a zero negli interventi di bonifica di aree inquinate. Nella città emiliana in provincia di Parma si trova una delle aree contaminate di interesse nazionale (Sin) con caratteristiche simili a quella del capoluogo trentino. In entrambi i comuni operavano la Carbochimica e le società Cip (Fidenza) e Sloi (Trento) che producevano le medesime sostanze cancerogene come il piombo tetraetile utilizzato come antidetonante per la benzina.
Il pauroso incidente di Trento del 1978 portò alla chiusura del sito, ma non alla risoluzione del problema dell’inquinamento tornato di stringente attualità con il progetto della circonvallazione ferroviaria dell’alta velocità.
Fidenza ha scelto di percorrere una strada diversa da quella di Trento, malgrado già nel 1997 un’ordinanza dell’allora sindaco Lorenzo Dellai avesse imposto ai privati proprietari dell’area, alle stesse Ferrovie dello Stato (Rfi che ne ha ereditato la responsabilità è quella che adesso si occupa della realizzazione del passante ferroviario), nonché alla Provincia di Trento, di cui è poi diventato presidente, immediate operazioni di bonifica. L’amministrazione emiliana ha scelto di acquistare l’area e cercare di liberarla dalle sostanze tossiche e cancerogene. Esclusa la possibilità di riportarla in tabella A, quella che consente qualsiasi attività, è intervenuta per metterla almeno in quella B e una parte della superficie è ora destinata ad uso industriale con l’installazione di una centralina elettrica e attività umane limitate. L’area complessiva è di 139.021 mq: a fine 2023 per le ex discariche di Vallicella e di Fornio le bonifiche risultavano completate, mentre per le aree ex Carbochimica e ex inceneritore di San Nicomede erano ancora in corso e per la ex Cip era in fase di ultimazione. Per i vari interventi, sempre a fine 2023, il comune di Fidenza aveva ottenuto finanziamenti pari a 28,172 milioni di euro, dei quali ne aveva spesi già quasi 26,3.
In Trentino non ci sono stati investimenti di bonifica nelle aree inquinate, ma studi e ipotesi per quasi trent’anni. I privati avevano messo a punto una propria proposta di intervento, che non aveva ottenuto l’approvazione da parte del ministero dell’Ambiente. Il comune di Trento, che non possiede alcuna area, è rimasto fermo, mentre la Provincia, da tre anni, ha avviato una bonifica sulle rogge, peraltro approvata dal Comitato tecnico amministrativo dieci anni prima, nel 2012.
Fidenza ha anche quantificato i costi per la sola gestione della barriera idraulica, un intervento destinato ad arginare la contaminazione delle aree limitrofe derivante dallo scorrimento della falda freatica sottostante ai terreni inquinati. Quasi 1,7 milioni di euro tra il 2013 e il 2023, di cui 96.520 euro per i soli monitoraggi eseguiti dal 2015 in poi. L’intervento di messa in sicurezza è articolato su 13 pozzi con una profondità compresa fra i 26 e i 30 metri e il piano prevede la realizzazione di altri 14 che arrivano fino a 26 metri e di ulteriori 10 (fino a 10 metri di profondità).
A Trento la barriera idraulica, della quale non sono mai stati resi noti né i costi né quanta acqua abbiano decontaminato, è costituita da soli 3 pozzi. Solo che la superficie del Sin trentino è di circa 210.000 mq, quasi il doppio di quella faentina, anche se quelli che possono venire protetti dalla struttura ammontano a circa la metà.
La conclusione al lettore: più bravi gli amministratori faentini o più incapaci quelli trentini nella bonifica delle aree inquinate?
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