Formaggi a latte crudo: un altro bimbo intossicato in Trentino

Questa volta tocca al Puzzone di Moena. Salgono a quattro i casi registrati.

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Altro caso, il quarto, di intossicazione di un bambino in Trentino per il consumo di  formaggi a latte crudo non pastorizzato: il caso è stato segnalato al Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria provinciale di Trento.

A causare il fatto è stato probabilmente il consumo di un pezzo formaggio Puzzone di Moena, un formaggio tipico del Trentino prodotto con latte crudo che ha causato un’infezione intestinale di origine alimentare riscontrata in un bambino di 9 anni. L’indagine epidemiologica condotta per riconoscere la fonte di contagio ha evidenziato una probabile correlazione con il consumo di un formaggio tipico trentino – il Puzzone – che è stato ritirato dal commercio.

«Si raccomanda a chi avesse acquistato nell’ultimo periodo questa tipologia di formaggio di non somministrarlo ai bambini, alle donne in gravidanza e alle persone con depressione del sistema immunitario – avvisa con una nota l’Azienda sanitaria del Trentino -. Il latte crudo utilizzato per produrre questi formaggi non ha subito trattamenti termici come la bollitura o la pastorizzazione che consentono di controllare eventuali germi patogeni che si possono trovare nel latte dopo la mungitura e che possono comportare un rischio per la salute per i bambini di età inferiore a 10 anni, per le donne in gravidanza e per le persone con depressione del sistema immunitario».

I casi di intossicazione da consumo di formaggi a latte crudo in Trentino sono ormai quattro, con il primo, quello del 2017, che ha ridotto in stato vegetativo un bambino a causa dell’infezione da batterio di Escherichia Coli. Il secondo e il terzo solo poche settimane fa sempre con bambini coinvolti in Trentino e nel Vicentino dopo il consumo di formaggi a latte crudo

Da questi casi, cresce la pressione della politica per l’istituzione di etichette chiare sui formaggi a latte crudo, tali da avvisare chiaramente i consumatori sui rischi connessi al loro utilizzo, specie per le persone più deboli. Peccato che il settore caseario trentino, quasi sempre di origine cooperativo, abbia reagito tardi e lentamente alla situazione.

 

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