La morte delle stelle può svelare molto anche sulla loro nascita: dai dati sulle esplosioni delle supernove è possibile “riavvolgere il nastro”, andando a ritroso nel tempo fino a ricavare la loro massa al momento della formazione, e questo anche in zone dell’universo finora irraggiungibili, impossibili da osservare direttamente con i telescopi.
Ci è riuscito, applicando un metodo comune ma mai usato in questo ambito, lo studio italiano pubblicato sulla rivista Universe e condotto dalla Scuola Internazionale Superiore Studi Avanzati (Sissa) di Trieste in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, l’l’Istituto di Fisica Fondamentale dell’Universo e l’Istituto Nazionale di Astrofisica.
I ricercatori guidati da Francesco Gabrielli sono partiti dal dato di fatto che la morte di delle stelle, in particolare il tipo di esplosione che genera, dipende dalla sua massa. Partendo da questi dati, gli autori dello studio sono riusciti a risalire alle masse iniziali andando anche oltre l’universo locale, cioè quello che si riesce ad osservare. Il valore così ottenuto risulta sorprendentemente simile in tutte le zone del cosmo e questo potrebbe voler dire che si tratta di una costante universale nella formazione stellare, dunque sempre uguale indipendentemente dalla regione del cosmo.
Il risultato sarà ora messo alla prova dalle osservazioni di telescopi spaziali come il “James Webb”, di Nasa, Agenzia Spaziale Europea e Canadese, ed “Euclid” dell’Esa. «Questo è un momento entusiasmante per gli astrofisici, poiché molti nuovi telescopi stanno ora iniziando le osservazioni – dice Gabrielli -. Di conseguenza, ci si aspetta una quantità straordinaria di osservazioni di supernove ed esplosioni di raggi gamma nei prossimi anni. Sarà emozionante vedere cosa ci dirà questa nuova ricchezza di dati».
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