Mafia in Trentino Alto Adige: la DDA di Trento manda agli arresti domiciliari 9 persone

Indagati 77 persone, di cui 11 amministratori pubblici e 20 dirigenti e funzionari. Ai domiciliari la sindaco leghista di Riva del Garda, Cristina Santi e l’ex senatore popolare Vittorio Fravezzi.

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Cristina Santi, commercialista, e sindaco della Lega Salvini di Riva del Garda.

Mafia in Trentino Alto Adige: il panorama politico affaristico regionale finisce squassato da un’indagine dirompente della Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo della Procura della Repubblica di Trento, i Carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale e i Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Trento, che coinvolge 77 persone, di cui 11 amministratori pubblici, 20 dirigenti e funzionari degli enti locali e società partecipate, professionisti, imprenditori e pure esponenti delle forze dell’ordine, oltre a 9 persone finite agli arresti domiciliari. Numerose persone giuridiche sono state segnalate per responsabilità amministrativa ai sensi del d.lgs. 231/2001.

Agli arresti domiciliari sono finiti l’attuale sindaco leghista di Riva del Garda, Cristina Santi, l’ex senatore ed ex sindaco di Dro dell’area popolare Vittorio Fravezzi, degli imprenditori immobiliaristi René Benko (già protagonista di un crack finanziario miliardario del gruppo Signa tra Austria e Germania), Heinz Peter Hager e Paolo Signoretti, gli architetti bolzanini Fabio Rossa e Andrea Saccani, il giornalista e addetto stampa del gruppo Signa, Lorenzo Barzon e la dirigente del comune di Bolzano nell’ufficio gestione del territorio Daniela Eisenstecken. Indagati pure esponenti di Fratelli d’Italia, come il consigliere comunale di Trento e avvocato Andrea Merler e un altro avvocato di area di centro destra, Nicola Giuliano. Indagato pure il sindaco di Arco del Pd, Alessandro Betta.

L’indagine della DDA di Trento riguarda un’ipotesi di reato pesante, visto che si parla espressamente di aggravante del “metodo mafioso” nella conduzione di alcune trattative tra gli immobiliaristi e gli amministratori pubblici volti ad ottenere provvedimenti di favore in cambio di un “aiuto tangibile” nelle campagne elettorali. Il Gip ha condiviso la contestazione dell’utilizzo del “metodo mafioso” per il reato di associazione per delinquere ipotizzato dalla Procura.

L’indagine, nata nel 2019, è partita dopo un accesso abusivo al sistema informatico di una dipendente comunale di Bolzano. Secondo gli inquirenti, gli imprenditori coinvolti avrebbero concesso favori, regali e denaro anche a funzionari e amministratori pubblici in cambio di appalti.

I militari nell’inchiesta sul presunto caso di mafia in Trentino Alto Adige hanno effettuato oltre 100 perquisizioni nei confronti degli indagati, società ed enti pubblici territoriali nelle province di Trento, Bolzano, Brescia, Milano, Pavia, Roma e Verona nonché all’estero attraverso i canali di cooperazione giudiziaria internazionale, visto che l’arresto dell’austriaco Benko, fondatore del fallito gruppo Signa, è stato chiesto tramite l’Interpol.

L’indagine della Procura di Trento scaturisce da una complicata e articolata attività investigativa della polizia giudiziaria e tributaria volta alla tutela della legalità e dell’integrità della pubblica amministrazione basandosi sull’ipotesi dell’esistenza di una sorta di “cupolaaffaristica in grado di influenzare e/o controllare le principali iniziative della pubblica amministrazione, soprattutto nel settore delle grandi iniziative immobiliari in Trentino Alto Adige, dove tutti i soggetti coinvolti avrebbero avuto interesse, con gli imprenditori coinvolti che avrebbero finanziato generosamente campagne elettorali in cambio di agevolazioni, procedure semplificate e concessioni per iniziative immobiliari.

La DDA contesta agli indagati e agli arrestati i reati di associazione per delinquere, turbativa d’asta, finanziamento illecito ai partiti, traffico di influenze illecite, truffa, indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, oltre a diversi reati contro la pubblica amministrazione, tra cui corruzione, induzione indebita, rivelazione di segreti d’ufficio e omissione di atti d’ufficio, nonché violazioni delle norme tributarie legate all’emissione di fatture per operazioni inesistenti.

Comunque vada l’indagine, in attesa di un rinvio a giudizio e della presunzione d’innocenza fino a condanna definitiva, l’inchiesta sulla mafia in Trentino Alto Adige ha l’effetto di una bomba dirompente nelle stanze della politica trentina ed altoatesina, in fibrillazione nell’allestimento delle campagne elettorali per il rinnovo delle amministrazioni comunali previste per maggio 2025, dove vanno alle urne proprio il comune di Bolzano e quello di Riva del Garda e di Arco, realtà dove sono fortissimi gli interessi di Benko e dei suoi sodali italiani Hager e Signoretti. Sia centro destra che centrosinistra dovranno con tutta probabilità rivedere piani, strategie e soprattutto candidature, specie a Riva del Garda, dove l’ipotizzata ricandidatura della leghista Santi per il secondo mandato non era condivisa da Fratelli d’Italia e ora l’inchiesta con gli arresti domiciliari praticamente stronca, mentre a Bolzano i giochi sono più aperti vista l’impossibilità della ricandidatura per il terzo mandato del sindaco uscente, il Dem Renzo Caramaschi.

 

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